“La base d’asta Internet per i diritti televisivi della Serie A potrebbe essere troppo onerosa per gli operatori telco e online, e il rischio è che la gara per i pacchetti C1 e C2 possa andare deserta. Si tratta in tutto di 232 milioni di euro l’anno per tre anni, quindi circa 700 milioni di euro complessivamente, compresi i diritti per l’Ultra Hd e quelli per trasmettere su smartphone e tablet. Se si verificasse questa ipotesi, la Lega Serie A potrebbe decidere di non assegnare i diritti e riconvocare un’altra asta in un secondo momento, slittando quindi a dopo che saranno stati attribuiti i diritti per la Champions league”. Lo spiega in un’intervista a CorCom Claudio Campanini, responsabile practice Communications, Media & Technology di A.T. Kearney.
Campanini, da chi dipenderà l’esito della gara?
Credo che il pallino sia in questo momento essenzialmente in mano a Sky, che si trova di fronte a due scelte: non potendo aggiudicarsi offerte per tutti i pacchetti, la Pay tv dovrà decidere se privilegiare nelle proprie strategie l’online o il digitale terrestre in aggiunta al satellitare. Nel primo caso potrebbe rafforzare la propria piattaforma Now Tv, nonché tenere fuori dal mercato potenziali OTT concorrenti, nel secondo darebbe la priorità a mettere in un angolo Mediaset Premium sul prodotto calcio, sfidandola sul suo asset naturale, il digitale terrestre. Se puntasse su questa seconda strategia, non so chi altro, conti alla mano, potrebbe sobbarcarsi un’offerta da 700 milioni di euro per l’online. Non vedo operatori che, al di là di scelte dettate da motivazioni diverse da quelle strettamente razionali ed economiche, possano pensare di ottenere in tre anni da questo business ritorni economici per i quali il gioco valga la candela.
Già nello scorso triennio il pacchetto Internet, che pure era “accessorio” rispetto al resto, andò deserto…
La differenza per il 2018-2021 è che l’operatore Internet può concorrere alla pari con le altre piattaforme, accedendo agli stessi pacchetti, e non più soltanto a tre match della domenica pomeriggio.
Quali saranno gli effetti della divisione dei diritti su tre piattaforme per gli esiti dell’asta?
Di sicuro il fatto di aver dato pari dignità a tre pacchetti (A, B, C1+C2) riduce il valore del singolo diritto sulla singola piattaforma, dal momento che il valore di un diritto si misura innanzitutto sulla sua esclusività, come dimostrato anche dal caso inglese che propone l’esclusiva su pacchetti che sono organizzati per fascia oraria di partita e non per squadra. Il fatto che l’anno prossimo la Juventus e il Napoli, per fare un esempio, siano comprese in tre diversi pacchetti su tre diverse piattaforme avrà un effetto calmierante sull’asta rispetto al caso in cui fossero stati dati in esclusiva multi-piattaforma. L’unico pacchetto in esclusiva presente in asta indirizza infatti solo il 30% del totale bacino di tifosi italiani, peraltro con un costo elevatissimo, pari a 432 milioni di euro all’anno compreso ultra HD e tablet, quindi molto oneroso per tutti già come base d’asta. L’esito dell’asta sarà inoltre condizionato dal fatto che le offerte della Serie A debbano essere consegnate entro il 10 giugno, mentre quelle per la Champions il 12. Questo indurrà le società che presenteranno offerte su entrambi i tavoli a valutare la situazione con molta attenzione, bilanciando i budget. Infine, un terzo elemento di incertezza è legato a quale sarà l’atteggiamento di Mediaset, che ha già lasciato intendere di voler avere un approccio diverso rispetto al passato. Le dinamiche degli ultimi anni hanno dimostrato che i movimenti di consumatori tra Sky e Mediaset sono quasi a somma zero sul prodotto Calcio, si spostano 100-150mila clienti su una base complessiva di circa 4.5 milioni e mezzo di famiglie che posseggono un abbonamento al calcio a pagamento nel Paese: non è un flusso migratorio importante, su un prodotto che si porta a casa a circa 19 euro al mese. A queste cifre per un operatore razionale non c’è in tre anni un ritorno sull’investimento derivante dallo spendere 200 milioni l’anno sul diritto internet. E a chi dice che in Inghilterra Bt ha fatto un investimento molto pesante sui diritti del calcio, c’è da rispondere che non si è trattato di “fame di contenuti” ma di una risposta a tutto campo alla concorrenza di Sky, che si propone come il principale antagonista dell’operatore sulla banda larga.
Quali potrebbero essere le telco o le piattaforme Web interessate alla trasmissione delle partite di Serie A?
Al netto di attori che possano decidere di avere comportamenti irrazionali che portino a fare overspending, Telecom potrebbe essere un candidato, come anche Amazon e più in generale il mondo degli OTT. Anche se probabilmente è ancora troppo presto per uno sbarco in forze in un settore che hanno soltanto da poco iniziato a esplorare. Netflix dal canto suo è oggi principalmente focalizzato sulla produzione e distribuzione di serie tv e cinema, e non ha finora mostrato di volersi concentrare strategicamente anche sullo sport. Aggiungerei poi che per i “non addetti ai lavori” la spesa per i diritti è soltanto l’inizio, anche su Internet: si dovranno infatti aggiungere i costi per produrre il prodotto, quello di acquisto delle immagini da chi opera sui campi, quelli della struttura editoriale per confezionare l’offerta ai clienti, in termini di redazioni e commentatori.
Perché il metodo dell’asta 2018-2021 per la serie A ha incontrato lo scetticismo di molti club?
Il dubbio principale è legato all’accelerazione sui tempi che è stata data dalla lega. Dal 25 maggio si è messo in piedi un bando di gara che si conclude il 10 di giugno per non trovarsi a dover essere condizionati dai risultati della gara Champions (che peraltro in passato ha finito per incrementare il livello di competitività). La lega calcio poi è in una situazione di “interim” di goverance ed equilibri, senza un presidente, con i membri che non remano tutti dalla stessa parte. Per questo alcune squadre si sono astenute quando Infront ha presentato il progetto.