“I call center di Sky e Alitalia sono volati in Albania, ma per
la Commissione Ue non è garantita la tutela della privacy dei
clienti”. Lo scrive il Fatto Quotidiano, secondo cui il sospetto
è che i dati personali vadano ad ingrossare il mercato nero delle
informazioni, tanto più che la Commissione Europea ha escluso
l’Albania dal novero degli Stati che garantiscono un adeguato
livello di protezione e tutela dei dati personali, trattandolo alla
stregua di una specie di “Stato canaglia”.
Un allarme non da poco, visto che
Teleperformance, la multinazionale francese che gestisce i call
center di Sky Italia e Alitalia, ha messo in mobilità 1.600
dipendenti nelle sedi di Roma, Fiumicino e Taranto, decidendo di
trasferire le attività in Albania. In Italia un’ora di lavoro al
call center costa alle aziende circa 15 euro lordi, in Albania 5
volte meno.
“Uno chiama tranquillo l’Alitalia per comprare un biglietto o
Sky per un abbonamento e gli rispondono in un italiano stentato
chiedendo i dati – scrive il Fatto – Spesso si tratta di
richieste delicate: il codice fiscale, la partita Iva, il codice
Iban, il numero della carta di credito”. Il problema è che
nessuno sa con certezza che fine faranno quegli elementi comunicati
per telefono.
"E' un rischio che secondo fonti sindacali correrebbe
anche Tim che si serve di Abramo Customer Service, un call center
che sta trasferendo parte dellee attività svolte per la società
dei telefonini dalla Calabria in una nuova sede in Albania con più
di 200 postazioni per più di 600 dipendenti", aggiunge il
Fatto.
Dal canto suo, Teleperformance spiega che il trasferimento dei dati
sensibili all’estero è possibile e regolamentato dalla
legge.
Secondo esperti del ramo, aggiunge il Fatto, il trasferimento dei
dati sensibili in Albania sottrarrebbe al controllo
dell’Antitrust pratiche commerciali che, almeno in teoria,
potrebbero violare proprio le norme antitrust. Anche il Garante per
la tutela della privacy è stato investito della faccenda dei call
center albanesi prima attraverso un esposto preparato da Stefano
Conti per l’Ugl e più di recente anche da un rapporto della
Cgil.
I sindacati da tempo hanno chiesto al Governo di stilare una white
list, cioè una lista di paesi non a rischio dal punto di vista del
trasferimento dei dati personali. Dopo mesi e mesi, però, il
governo non ha trovato il tempo per rispondere.