STRATEGIE

Aharon: “Ecco come le startup israeliane sostengono la rivoluzione 4.0”

Il direttore dell’Autorità per l’Innovazione dello Stato d’Israele: “Supportiamo con fondi pubblici oltre 1400 aziende all’anno. Se chiudono non è un problema: quegli esperti andranno a lavorare in altre realtà, creando un circolo virtuoso nell’intero Paese”. E adesso scatta l’ora del finanziamento alla smart manufacturing

Pubblicato il 07 Lug 2017

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Israele punta alto: la startup nation per eccellenza mira a guidare la rivoluzione Industria 4.0 alimentando il suo ecosistema di imprese ad alto comntenuto tecnologico. L’obiettivo è ambizioso ma certamente il Paese ha basi solide, considerando che l’8,5% della popolazione attiva nel settore della ricerca e delle alte tecnologie produce il 50% dell’export. Motivo per cui è stato in grado di attrarre oltre 300 multinazionali: Facebook, Amazon, Google, Apple, Huawei sono solo alcuni dei nomi più importanti che sono arrivate in Israele ad aprire centri di ricerca.

A spiegare la strategia di Tel Aviv è Aharon Aharon, alla guida dell’Autorità per l’Innovazione a Roma per l’incontro della Commissione Mista di Cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra Italia ed Israele.

“L’Authority è erede dell’Office of the chief scientist, organismo creato già 45 anni fa, e ha il compito di sostenere economicamente aziende con risorse che verranno restituiti se l’azienda ha successo, altrimenti sono da considerarsi a fondo perduto – ha spiegato Aharon – L’R&S è un settore rischioso, noi riduciamo i rischi per le aziende investendo in ogni ambito economico, secondo la tendenza del mercato. Se l’azienda è molto grande, il finanziamento può raggiungere anche cifre imponenti, tra i 20 e i 40 milioni di dollari”

L’Agenzia nazionale supporta circa 1.400 startup all’anno: di queste ne chiudono 800. Oggi nel Paese ci sono circa 5mila startup operative. “Il fatto che le aziende chiudano non è un problema – ha puntualizzato Aharon – La presenza dello Stato a garanzia degli investimenti fa in modo che anche la chiusura abbia un impatto positivo sul sistema: quando una startup chiude la sua forza lavoro continua la propria attività in altre startup, portando con sé le competenze acquisite e generando nuovo valore per tutti”. Un esempio è la startup Better Place che sviluppava tecnologia per le batterie delle auto elettriche, poi finita in bancarotta nonostante avesse ricevuto fondi pubblici. “I suoi dipendenti sono andati a lavorare in General – ha raccontato Ahron Ahron – Anche grazie a loro know how che oggi quella divisione di GM è una delle più avanzate al mondo”.

L’attività dell’Autorità rappresenta un felice risultato della partnership pubblico–privato che ha anche un grande impatto sociale: uno degli obiettivi dell’agenzia l’inclusione delle donne ma anche di minoranza come ebrei ortodossi, arabi israeliani.

Israele destina il 4,25 del suo Pil proprio nel settore della ricerca, davanti anche alla Corea del Sud (4,23 per cento). La media dei paesi europei è del 1,95 per cento mentre per gli Stati Uniti è aumentato rispetto alla rilevazione precedente, attestandosi al 2,79 (L’Italia spende l’1,3 per cento, sotto la media europea del 2 per cento). “Per ogni dollaro che investiamo in ricerca e sviluppo, ne produciamo 5-10 in impatto economico, è molto vantaggioso”, ha dichiarato Aharon.
Tanti sono i fronti aperti di collaborazione tra Italia e Israele, dal campo accademico a quello industriale. “Con l’Italia collaboriamo strettamente da 15 anni e ci sono 400 progetti bilaterali che finanziamo”, ha concluso Aharon.

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