Il mercato digitale in Italia sta vivendo una fase di accelerazione che lo ha portato nel 2016, per il secondo anno consecutivo, in terreno positivo. Una progressione che si registra anche nei primi tre mesi del 2017, dove è cresciuto del 2,8%, registrando un +2,3% su base annua. Se i dati sono incoraggianti, non è per il momento di adagiarsi sugli allori: è anzi necessario continuare a spingere sulla leva del digitale per rafforzare la crescita economica del sistema Paese, puntando in modo più specifico sui grandi progetti di digitalizzazione della pubblica amministrazione e sulle competenze digitali. E’ quanto emerge dalla presentazione del rapporto “Il digitale in Italia”, il 48esimo condotto da Assinform e Confindustria digitale in collaborazione con NetConsulting cube e Nextvalue, presentato oggi alla stampa a Roma e Milano da Agostino Santoni, presidente di Assinform, Elio Catania, presidente di Confindustria digitale, e Giancarlo Capitani, presidente di Netconsulting cube. Incoraggianti anche le previsioni per il triennio 2017-2019, che parlano di un incremento medio complessivo nel triennio del +2,6%.
“Il digitale sta iniziando a contaminare l’economia italiana, ma bisogna accelerare e irrobustire il trend – afferma Agostino Santoni – per accrescerne le capacità competitive in linea con le tendenze internazionali. Ampliamento della platea delle Pmi coinvolte dalla trasformazione digitale e sviluppo delle competenze i nodi strategici da affrontare da subito”.
“La ripresa degli investimenti – aggiunge Catania – testimonia che le imprese hanno iniziato a capire l’importanza dell’innovazione e a muoversi. Ma siamo solo agli inizi. Per chiudere il nostro gap d’innovazione dobbiamo puntare a un raddoppio degli investimenti nei prossimi cinque anni. Industria 4.0 potrà giocare un ruolo fondamentale, ma richiede l’impegno di tutti ben oltre il 2018. Al nostro fianco è indispensabile poter contare su una Pa 4.0. Sulla sua trasformazione digitale, oggi troppo, troppo lenta, ci aspettiamo di vedere altrettanta determinazione e attenzione politica”.
“Per il futuro – spiega Giancarlo Capitani – dovremo riuscire a prevedere e misurare anche l’impatto sull’economia e sull’economia digitale di un nuovo mondo che sta avanzando e su cui non abbiamo finora focalizzato l’attenzione, dalla robotica ibrida all’intelligenza artificiale. La crescita che si sta consoilidando, in ogni caso, parte dall’hardware, passa per i server, per al vivacità del mondo consumer con i dati positivi che vengono dalle vendite di smartphone, mentre il software sta diventando sempre più un protagonista del mercato. Tutto questo in un quadro in cui ci sono alcuni cantieri digitali, e citerei lo smart working e i mobile payments soltanto a titolo di esempio, che sono attivatori di altri cantieri e quindi moltiplicatori di investimenti”.
Entrando più nello specifico sui dati del 2016, il mercato digitale italiano, che comprende informatica, telecomunicazioni e contenuti, è cresciuto dell’1,8% raggiungendo i 66.100 milioni di euro. Una crescita che ha accelerato nel Q1 2017, a +2,8 rispetto allo stesso periodo del 2016. Sulla base di questi dati le previsioni di crescita per il triennio che si concluderà nel 2019 parlano di un +2,3% nel 2017 a 67.652 milioni di euro, + 2,6% a 69.432 milioni di euro nel 2018 e +2,9% a 71.453 milioni di euro del 2019.
Due le principali criticità che emergono in questo quadro secondo il rapporto: la prima è “il passo” della ripresa che non basta ancora a “recuperare” e a coinvolgere le Pmi, e la seconda è la carenza di “Ict specialist”.
“L’impatto dell’innovazione digitale sul business è sempre più rilevante in tutti settori dell’economia italiana – sottolinea Santoni – Cloud, Iot, Big data, Mobile Business, Cybersecurity stanno trainando il cambiamento dei modi di produzione, di interazione con clienti e fornitori in filiere sempre più integrate. Stanno cambiando i prodotti e lo scenario competitivo, che vede l’ingresso nei mercati di nuovi operatori e piattaforme digitali che abilitano nuovi servizi”.
Spostando l’attenzione sui singoli settori dell’economia italiana, dallo studio emerge che la digital transformation contribuirà in modo determinante ai tassi di crescita medio annui stimati tra il 2016 e il 2019: +4,4% ogni anno nell’industria (dai 7.044 milioni di euro, +2,4%, del 2016), del 4% nelle banche (dai 6.813 milioni di euro, +3,5%, del 2016), del 4,5% nelle utility (dai 1.576 milioni di euro, +3,5%, del 2016), del 4,2% nelle assicurazioni (dai 1.800 milioni di euro, +3,7%, del 2016), del 3,6% nei trasporti (dai 2.209 milioni di euro, +2,5%, del 2016), del 4,7% nella distribuzione (dai 3.991 milioni di euro, +3,5%, dei 2016). Dicorso diverso per la PA, dove la spesa per il digitale è prevista invece in discesa, con un tasso di crescita medio annuo di poco meno del 2%, ad eccezione della Sanità, che invece promette un tasso medio annuo di crescita del 3% circa (dai 1.450 milioni di euro, +1,6%, del 2016).
Tra i territori protegonisti della digital transofrmation emerge dallo studio il Nord Ovest, che contribuisce per il 38,3% della spesa digitale complessiva del Paese, con una crescita del 2,3% nel 2016. Una crescita che si affievolisce progressivamente considerando il Nord Est, il Centro e infine il Sud Del Paese, che però sta vivendo un momento di fermento anche grazie a un aumento sostanziale della nascita di nuove startup innovative.
“Molto resta ancora da fare – aggiunge Santoni, che ha concluso – Nel prossimo periodo sarà cruciale consolidare questo trend. Agli sforzi per far sì che la trasformazione digitale coinvolga una platea sempre più ampia di Pmi, oggi ancora troppo ristretta, vanno affiancate iniziative formative a tutti i livelli del sistema d’istruzione e formazione professionale per far fronte alla crescente domanda di competenze digitali e figure professionali specializzate. Questo è un nodo cruciale che va affrontato al più presto e in modo efficace, per evitare che causi ritardi e per creare vere opportunità per i giovani”.
Sul fronte della strategia per la Crescita Digitale del Paese si registrano progressi importanti in particolare del sistema PagoPA (15.601 PA aderenti e 11.332 attive) e di quello della Fatturazione Elettronica per la PA, oramai generalizzate e best practice europea. Ma molto resta ancora da fare per accelerare sulla diffusione di SpID (con servizi in crescita, ma a fronte di solo 1,5 milioni di identità digitali rilasciate) e dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione.
Quanto al capitolo Industria 4.0, il programma del governo che incentiva con iper e super ammortamenti le componenti sistemistiche e digitali della nuova automazione industriale, ha già fatto sentire il suo influsso positivo su un mercato che a fine 2016 ha raggiunto 1.831 milioni di euro (+18,2%). Secondo un’indagine condotta da Assinform nel primo trimestre del 2017 la domanda di prodotti e soluzioni digitali 4.0 è cresciuta tra il 10% e il 20% e manterrà una dinamica sostenuta per l’intero anno.
“La digitalizzazione, Industria 4.0, non sono solo iniziative tecnologiche – ha detto il presidente di Confindustria Digitale Elio Catania intervenendo alla conferenza stampa- Stiamo ridisegnando l’economia italiana, la sua competitività, la sua capacità di crescere. Industria 4.0 è un grande progetto-paese, per il quale va dato atto alla collaborazione fra Governo e sistema delle imprese. E’ una grande sfida che ci accompagnerà per molti anni, su cui l’impegno di tutti deve andare ben oltre il 2018”.
“La leggera ripresa degli investimenti nel digitale – aggiunge Catania – testimonia che le imprese hanno iniziato a capire l’importanza dell’innovazione e a muoversi. La strada è giusta, ma siamo solo agli inizi. Per chiudere il gap d’innovazione accumulato rispetto agli altri paesi, dobbiamo puntare a un raddoppio degli investimenti entro i prossimi cinque anni. Per questo abbiamo bisogno, oggi più che mai, oltre che all’impegno delle imprese, di un’amministrazione pubblica in grado di essere motore dell’innovazione, non freno. I piani di digitalizzazione della Pa sono sul tappeto da tempo, ma la loro attuazione è troppo, troppo lenta. Il punto chiave su cui bisogna concentrarsi è sulla trasformazione dei processi, cruciale per una spending review efficace e per dare qualità ai servizi verso i cittadini e le imprese. Ci aspettiamo, perciò, che si dia vita a una mobilitazione politica e di leadership per la Pa 4.0, al pari e con la stessa determinazione con cui Governo e sistema confindustriale stanno spingendo l’attuazione di Industria 4.0”.