Stretta di Putin sui sistemi anti-censura. Il presidente russo ha firmato una legge che vieta l’uso in Russia di sistemi informatici per aggirare i “lucchetti” virtuali – proxy Cgi, Vpn – e accedere ai siti vietati dalla legge del Paese. Il documento è stato pubblicato dal portale web ufficiale di informazioni legali. Gli “Anonymizer” dovranno rivelare le informazioni sui loro proprietari all’Authority Roskomnadzor, l’agenzia russa di sorveglianza del sistema di telecomunicazioni del Paese.
Secondo Leonid Levin, capo della potente Commissione parlamentare per la politica dell’informazione, “il nuovo provvedimento non introduce nuovi divieti per i cittadini che rispettano le legge”. La procedura per l’individuazione delle risorse informatiche, al fine di adottare misure per limitare l’accesso ad esse è determinata dal Roskomnadzor, secondo la legge.
Inoltre Roskomnadzor avrà il compito di collaborare con le forze di sicurezza per accedere a informazioni che riguardano i servizi bloccati. Un mese fa Roskomnadzor aveva annunciato che in Russia sarebbe stato bloccato il servizio di messaggistica istantanea Telegram, molto popolare tra i russi per l’alto livello di criptaggio. Telegram è una delle poche applicazioni difficili da intercettare.
Le Vpn sono utilizzate in Russia anche per aggirare i divieti su alcuni siti banditi. Non solo quelli pornografici (un caso è stato lo stop a PornHub), ma anche i social network come Linkedin. Se ne trovano in rete dalle più svariate, non solo per pc, ma anche per gli smartphone.
Il nuovo provvedimento incrociato con la legislazione sulla tutela dei dati approvata in questi anni, racconta di una stretta di Putin sulla libertà della rete. Dal 2015, per esempio, tutti i dati raccolti da cittadini russi devono essere memorizzati in server fisicamente collocati entro i confini della federazione. Dallo scorso anno, con il provvedimento citato prima, i fornitori di servizi sono obbligati a conservare il traffico degli utenti per archiviare il contenuto di tutte le comunicazioni per un periodo di sei mesi e i relativi metadati per tre anni. Ma soprattutto i servizi che crittografano i dati, dalle chat ai social network, sono costretti a garantire una “backdoor”, cioè un accesso, alle forze di sicurezza russe.
Intanto Apple ha rimosso dalla versione cinese del suo App Store – quello da cui si scaricano le app – alcune app che sono usate dagli utenti per accedere ai siti e contenuti oscurati dal governo per motivi di censura. Queste app permettono, in breve, di fingere di trovarsi all’estero e di avere quindi accesso a programmi e applicazioni altrimenti censurati dalla Cina. ExpressVpn, una delle società la cui app è stata tolta dall’App Store cinese, ha detto di aver ricevuto una lettera in cui Apple diceva di averlo fatto “perché l’app aveva contenuti illegali in Cina”. Apple ha spiegato di aver ricevuto un comunicato del governo cinese che diceva che tutti i servizi di quel tipo avrebbero dovuto ottenere una licenza governativa.