VERSO L'ASTA

Gara frequenze nel 2018. L’Italia mette in moto sul 5G

Allo studio del governo l’inserimento del bando nella legge di bilancio, la decisione entro il 20 settembre. Obiettivo almeno 2 miliardi. Si apre la grande manovra dello spettro da liberare a favore degli operatori Tlc: dead line il 2022

Pubblicato il 25 Ago 2017

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Frequenze per il 5G, l’Italia dà un colpo d’acceleratore. Si potrebbe svolgere già nel 2018 la gara per le porzioni di spettro da riservare agli operatori di Tlc per lo sviluppo dello “standard del futuro” nel mobile. Base d’asta prevista, almeno 2 miliardi – come già indicato dal sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli in un’intervista ripresa dal nostro sito -. Lo ribadisce oggi Il Sole 24 Ore specificando che la partita per la corsa italiana al 5G sta entrando nel vivo dal momento che ministero dell’Economia, ministero dello Sviluppo economico e Palazzo Chigi (“in particolare il dossier alla presidenza del Consiglio è seguito dal vicesegretario generale Nino Rizzo Nervo” scrive il quotidiano), stanno lavorando per trovare la quadra attorno a un progetto che nelle intenzioni dovrà entrare nell’agenda della prossima legge di bilancio a fine settembre.

Se la partita finanziaria appena partita sarà complicata, lo sarà ancora di più quella che riguarda la liberazione delle frequenze che verranno messe a gara: sono le frequenze nelle bande cosiddette “pioniere” (secondo la definizione del Radio spectrum policy group): 700 Mhz (occupata da broadcaster), 24.25-27.5 Ghz, 3.4-3.8 Ghz (la parte 3.4-3.6 attualmente assegnata alla Difesa e parte fino al 2022 a operatori come Tim, Tiscali e Linkem. Nella 3.6-3.8 ci sono circa 100 Mhz liberi, gli altri sono occupati da ponti radio Rai).

Si tratta ora per l’Italia di intraprendere una grande manovra “a orologeria” per la ristrutturazione dello spettro. Così da assicurare alle telco un calendario certo della disponibilità delle frequenze che dovranno acquistare “occupate” con l’asta del 2018.

La partita si prospetta se possibile più poderosa e complessa dello switchoff per il passaggio TV analogico-digitale terrestre e dovrà essere giocata su più livelli da istituzioni, player (Tlc, tecnologie e tV) e regolatori tenendo presente i rapporti internazionali con i Paesi confinanti, le richieste finanziarie che arriveranno dai broadcaster “costretti” a spostarsi lungo l’asse dello spettro, gli upgrade tecnologici che coinvolgeranno sia le emittenti che gli utenti. Un grande puzzle per completare il quale servirà una cabina di regia: in questo senso appare strategica la decisione del governo di rilanciare la Fondazione Ugo Bordoni con la nomina del nuovo vertice dopo anni di regime di prorogatio.

Contemporaneamente andranno verificate le richieste dei broadcaster che, come detto, dovranno traslocare dalla banda 700 Mhz alla “sub”700. Come pure la disponibilità degli operatori a cui è destinata l’asta: le telco hanno da poco pagato 2 miliardi per il rinnovo al 2029 dei diritti d’uso delle frequenze 900 e 1800 Mhz, ed è datato 2011 l’esborso di 4 miliardi per le frequenze 800 Mhz. Inoltre Telecom e Vodafone nel 2015 si sono aggiudicati per 230 milioni a testa hanno ottenuto i due lotti di frequenze della Banda L.

Del resto le cifre incassate per aste simili alla prossima si sono rivelate per altri Stati ben più cospicue, rispetto alla stima italiana dei 2 miliardi. L’asta francese per soli 60 Mhz della banda 700Mhz, effettuata nel 2015 a “spettro occupato” (disponibile dal 2019) ha fruttato alle casse dello Stato 2,8 miliardi. Una forbice su cui si giocheranno trattative.

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