Microsoft, la Sec indaga sulle strategie fiscali

In una comunicazione formale il regolatore americano chiede ragguagli sulle quote del capitale cash conservate all’estero e sulla pianificazione adottata per evitare le tasse in patria. Presto un report pubblico

Pubblicato il 07 Giu 2011

Gli Stati Uniti vogliono sapere di più di come Microsoft usa la
sua pianificazione fiscale estera per ridurre le tasse che deve
pagare in America: il colosso del software ha rivelato oggi che a
inizio anno la Sec ha inviato una serie di domande formali per
conoscere i dettagli delle sue strategie fiscali, come parte di una
più ampia indagine tra le grandi aziende americane e le misure che
adottano per ridurre il carico fiscale in patria.

La Sec ha anche spinto Microsoft per la prima volta a svelare
quanto del suo contante (in tutto 50,2 miliardi di dollari) venga
conservato fuori dagli Stati Uniti, riporta oggi il Financial
Times.

“Come parte del suo processo standard annuale di revisione delle
prime 100 aziende americane, la Sec ci ha contattato su questioni
quali le risorse finanziarie detenute in patria e all’estero, e
abbiamo fornito risposta”, ha fatto sapere Microsoft. Redmond ha
aggiunto che ora sta preparando un report che sarà presto reso
pubblico, visto che i regolatori hanno completato l’indagine.

Lo scambio di lettere tra la Sec e Microsoft getta luce su una zona
finora rimasta in ombra della strategia finanziaria con cui le
grandi aziende riducono il loro carico fiscale. In particolare, la
Sec si è detta spinta a indagare sulla pianificazione fiscale di
Microsoft dal fatto che in alcuni Paesi la casa di Bill Gates
genera una quota “fuori proporzione” dei suoi profitti. Circa
il 62% dell’utile internazionale dell’azienda, infatti, è
stato prodotto lo scorso anno in Paesi che però rappresentano solo
il 42% del fatturato estero.

In una dettagliata risposta, il colosso del software ha detto di
avere in parte beneficiato di una strategia in base alla quale ha
fatto passare le vendite attraverso centri regionali dove le tasse
sono basse, ovvero in Irlanda, Singapore e Puerto Rico. Questo ha
prodotto un “più alto mix di utili con tassazioni inferiori
nelle giurisdizioni estere”, ha dichiarato Microsoft.

In un’altra domanda sulla strategia finanziaria internazionale di
Microsoft, i regolatori hanno chiesto come mai l’azienda abbia
preso in prestito denaro tramite emissioni di bond negli Stati
Uniti nonostante le vaste riserve di cash e gli investimenti a
breve termine in bilancio. Questo ha spinto Microsoft per la prima
volta a rivelare l’estensione delle sue proprietà estere:
infatti nell’ultimo report trimestrale si legge che 42 miliardi
di dollari della riserva totale di cash di oltre 50 miliardi si
trovano fuori degli Stati Uniti.

Rimpatriare il denaro (da usare, per esempio, per pagare i
dividendi) costa caro alle aziende Usa in termini fiscali e per
questo alcune, come Microsoft ma anche Google, preferiscono
lasciare le riserve all’estero e ricorrere ai prestiti per le
loro necessità domestiche.

Microsoft ha comunque dichiarato nella sua corrispondenza con la
Sec di avere sufficiente contante anche senza riportare in patria
il cash che conserva all’estero e ha promesso una maggiore
trasparenza in futuro sulle sue strategie fiscali e finanziarie.

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