La concorrenza nella banda ultralarga “va fatta sui servizi, non sulla costruzione delle nuove reti”. E bisognare “rivedere la legge che ostacola la piena convergenza tra gli operatori di telecomunicazioni e chi fa i contenuti”. Ne è convinto Donato Iacovone, amministratore delegato di EY Italia e managing partner anche di Spagna e Portogallo, che alla Stampa avanza dubbi sull’utilità di avere due diverse reti in fibra ottica che insistono sullo stesso territorio.
In Italia, ricorda Iacovone, “siamo sopra la media europea e al pari di Paesi come Germania e Gran Bretagna nelle reti mobili, dove ci sono ottime premesse per l’era rivoluzionaria del 5G”. Mentre per la fibra “siamo al 23° posto, ma abbiamo recuperato diverse posizioni. Oggi è coperto il 65% della popolazione e negli ultimi anni, con la strategia del governo, siamo passati ai fatti”.
Lo scenario italiano della banda ultralarga, di cui si parlerà in occasione di EY Capri Digital Summit 2017, rappresenta secondo Iacovone “un caso unico, in cui la concorrenza avviene sull’infrastruttura e non sul servizio che la utilizzano. Altrove per sviluppare la nuova rete si è puntato sugli investimenti degli ex monopolisti. Creare invece una doppia rete è dispendioso in termini di risorse, non è conveniente per il Paese”.
Sull’ipotesi di uno scorporo della rete Tim l’ad di EY sottolinea: “Non c’è un solo caso al mondo di un ex monopolista che si sia liberato dalla propria rete. Sarebbe la prima volta”. Rispetto agli altri settori, aggiunge l’Ad di EY Italia, “nel caso degli operatori di Tlc la rete è una parte del business: chi sviluppa prodotti e servizi è molto influenzato dalla capacità della rete, che è un elemento di competizione”. Il core business di un operatore, conclude Iacovone, “è legato alla propria rete”.