È ufficialmente corsa a tre per i chip di Toshiba. Dopo settimane di offerte e rilanci, ufficiali e ufficiosi, la compagnia giapponese scopre le carte, rivelando i player in corso e prendendo tempo in nome della migliore scelta possibile. Toshiba, spiega una nota, è attualmente in fase di negoziazione con tre consorzi di potenziali acquirenti della divisione delle memorie flash: il primo è guidato da Bain, che include Apple ed è appoggiato da Innovation Network Corporation of Japan e la Development Bank of Japan; il secondo è quello che include Western Digital; il terzo capitanato da Foxconn.
Allo stato attuale, spiega il comunicato, “Toshiba non ha preso alcuna decisione”. Rispetto alle notizie di ieri che volevano il board della compagnia nipponica pronto a muoversi ufficialmente in occasione della riunione prevista per oggi, aggiunge la nota, “nonostante gli sforzi per raggiungere un accordo defintivo, le trattative con i singoli consorzi non hanno raggiunto una fase che consente al cda di Toshiba di prendere una decisione definitiva”.
La società giustifica la situazione spiegando che la business unit in vendita richiede impegni importanti in termini di investimento, sviluppo e produttività. E che per questi motivi è necessario “trovare l’acquirente che sia in grado di garantire processi decisionali rapidi e flessibili nonché le garanzie finanziarie, per promuovere una crescita del business delle memorie flash e contribuire al ritorno positivo di Toshiba in termini di equity”.
Toshiba, conclude la nota, “intende continuare le trattative per raggiungere un’intesa il prima possibile”. Il cerchio è dunque ormai essersi ristretto ai tre consorzi, che hanno messo finora sul piatto offerte che oscillano fra i 17 e i 18 miliardi di dollari. Ieri c’è stato l’inserimento last minute di Bain (tornata alla carica dopo il sorpasso di Western Digital), Apple e degli altri partner (tra cui la sud-coreana SK Hynix, tra le prime ad accreditarsi fra i pretendenti alla business unit di Toshiba). L’assegno della vendita servirà a Toshiba per chiudere una crisi iniziata con la bancarotta del business nucleare.