Per la rete in fibra ottica l’Agcom non accetta diktat. Si può
riassumere così l’intervento a firma del commissario Agcom,
Stefano Mannoni, pubblicato oggi sul Giornale.
Mannoni ricorda che “la proposta di regolamento adottata
dall’Agcom per disciplinare l’accesso alle reti in fibra è
accusato di una cosa e del suo contrario”. Per i concorrenti di
Telecom Italia, l’Agcom li ha privati dell’unbundling, per
Telecom Italia, invece, l’Agcom si sarebbe piegata a una sorta di
diktat governativo che avrebbe imposto l’inserimento
dell’unbundling in un testo che non lo prevedeva.
“Se per l’idea era quella di vedere riproposto l’unbundling
del rame – prosegue il commissario – allora i concorrenti hanno
ragione: non c’è. E il motivo è questo: una rete ereditata dal
monopolio, costruita 80 anni fa nonché ammortizzata, non è la
stessa cosa di una rete che deve essere costruita ex novo con
enormi rischi imprenditoriali. Poteva l’Agcom limitarsi a versare
il vino vecchio – ossia l’affitto del doppino – in botti nuove –
ovvero le reti in fibra? No”, a meno di non volere compromettere
il diritto di proprietà.
La decisione è stata quella di sperimentare una soluzione nella
quale l’accesso fisico alla rete sia garantito al concorrente che
voglia raggiungere con la fibra il singolo utente. “Ma questo
servizio «chiavi in mano» deve essere richiesto appositamente a
Telecom Italia che lo predispone dietro pagamento – ricorda
Mannoni – Agli operatori meno esigenti è comunque assicurata
l’offerta all’ingrosso di capacità trasmissiva, che consente
di competere efficacemente nel mercato al dettaglio senza incorrere
in costi particolari”.
“La regolamentazione – conclude – è un affare troppo serio per
essere lasciato ai dilettanti, soprattutto quando la posta in gioco
è quella di trovare il punto di equilibrio tra concorrenza e
investimenti”.