L'INTERVISTA

Butti (Semioty): “Con l’Iot cambiamo il business model dell’industria”

Il ceo della startup tra i vincitori dei Digital360Awards: “Abbiamo creato un ‘cruscotto’ che rivoluziona il rapporto tra i produttori di macchinari e i loro clienti, orientato al post vendita: dalla manutenzione predittiva ai servizi smart. E in tanti hanno già superato le diffidenze”

Pubblicato il 21 Set 2017

Antonello Salerno

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L’Internet of things può essere utile per la creazione di una serie di servizi a valore aggiunto per l’industria, che per cogliere a pieno questa opportunità ha però bisogno di soluzioni che siano in grado di trasformare i dati in informazioni semplici da leggere e da interpretare. Se ogni produttore industriale dovesse sviluppare in casa queste competenze, si esporrebbe a grandi spese, sia in termini di competenze sia in termini di ricerca e sviluppo. Così, per superare questa barriera e mettere a disposizione dei clienti soluzioni “chiavi in mano” che partono da un’unica attività di R&D, ma possono essere adattate alle esigenze di ogni cliente, è nata un anno fa da Webratio Semioty, progetto tra i vincitori dell’ultima edizione dei Digital360Awards. Il Ceo Stefano Butti descrive in un’intervista a CorCom le caratteristiche principali della soluzione, e le risposte che stanno arrivando dal mercato.

Butti, partiamo da un paio di esempi concreti per capire qual è il “valore aggiunto” della vostra soluzione

Io partirei dal progetto che stiamo ultimando con un importante produttore di forni per la panificazione di Verona. L’azienda ha deciso di offrire ai propri clienti, sia per la grande distribuzione sia per gli artigiani, sia italiani sia internazionali, un nuovo pacchetto di smart services. Due le principali novità: i forni equipaggiati con le nostre soluzioni aiutano a tenere sotto controllo i consumi energetici, che nel settore sono una voce di spesa molto importante per i loro clienti. Raccogliendo e analizzando i dati secondo specifici algoritmi, il produttore può così aiutare il cliente consigliandolo sull’uso ottimale in termini di risparmio energetico. Per capire quanto a lungo il forno debba rimanere accesso, quando si possa ridurre la temperatura, a seconda delle abitudini di utilizzo di ogni utente. L’altro punto riguarda la manutenzione predittiva, con la pianificazione e il controllo degli impianti installati, intercettando tutti i segnali di possibili malfunzionamento prima che i danni siano gravi o irreparabili. Uno strumento particolarmente utile per la Gdo, che acquista grandi quantità di forni: il produttore è in grado di offrire loro grazie alla nostra soluzione un cruscotto operativo per tenere sotto controllo tutto il parco macchine installate.

E il secondo esempio?

Potremmo parlare del settore delle caldaie: il produttore di caldaie vuole dare un servizio in più, per differenziarsi dagli altri operatori sul mercato e valorizzare il proprio brand. Due i potenziali portatori d’interesse, uno è il cliente finale, che sia una famiglia, una persona o una società. In questo caso si tratta di un servizio classico, offerto già anche da altri produttori: il controllo remoto dell’impianto, con l’accensione o lo spegnimento da remoto, ad esempio, dell’impianto di riscaldamento. Ma la parte più innovativa è quella che va a offrire un servizio smart alla rete dei manutentori autorizzati. Le caldaie vengono gestite da un numero molto alto di piccoli professionisti che nel territorio si occupano di assistenza: utilizzando la nostra soluzione il produttore mette a loro disposizione un cruscotto operativo attraverso il quale tenere sotto controllo tutto il proprio parco caldaie, per ottimizzare la manutenzione e gli interventi.

Come si riesce a contenere i costi?

Noi riteniamo che nell’ambito degli smart services esista la possibilità di fare un software pronto e funzionante che possa adattarsi a tanti casi diversi, questa è la nostra scommessa. Il produttore ha un investimento iniziale molto basso, dal momento che si tratta semplicemente di configurare il tenant, mappare il prodotto, definire il servizio e gli algoritmi: ma l’80% di tutte le funzionalità a contorno sono già pronte e disponibili.

Che bilancio traete dal vostro primo anno di vita?

Abbiamo riscosso tantissimo interesse. I numeri ci dicono che l’idea sta funzionando, l’interesse è molto alto, e nella maggior parte dei casi in cui non siamo ancora partiti con progetti operativi è perché c’è un tempo di maturazione “fisiologico” prima che l’imprenditore decida di compiere il passo. Questo perché non proponiamo tecnologia pura e fine a sé stessa, ma proponiamo un nuovo modello di business, un nuovo rapporto con la propria rete di clienti, orientandosi al post vendita e alla cura del rapporto con il cliente. Alcuni buttano il cuore oltre l’ostacolo, ma è comprensibile che altri debbano prima metabolizzare l’idea. Proprio per questo spesso suggeriamo ai clienti un approccio graduale, con una fase di test presso un gruppo di utenti per capire come verrebbe percepita dal mercato l’innovazione. E posso assicurarle che finora nessuno di questi test ha dato esito negativo.

Avete già suscitato l’interesse di qualche grande player interessato ad acquisire la vostra tecnologia?

Senza andare troppo nei dettagli, abbiamo iniziato a ricevere diverse richieste di partnership, come primo passo di avvicinamento per conoscersi reciprocamente. D’altra parte le società attive nel nostro settore specifico, con un’offerta paragonabile alla nostra, non sono più di 10 su scala globale, quasi tutte statunitensi.

Quanto vi è stata utile la vetrina dei Digital360 Awards?

E’ stata un’opportunità molto preziosa: questo riconoscimento ci ha dato la possibilità di entrare a contatto con parecchi chief information officer, sia tra i membri della giuria che hanno valutato la soluzione, sia di altri che proprio in quella sede hanno potuto conoscerci e valutare la nostra offerta.

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