Aristotele sosteneva che “la natura aborrisce il vuoto”. Newton molti secoli dopo lo definì “etere” e, forse, anche nel mondo complesso e variegato del broadcast si realizza una delle leggi fondamentali della fisica: laddove si libera uno spazio, questo viene subito occupato.
Poniamo alcuni interrogativi in fila: a che punto si trova la trattativa tra il Mise e la Rai sul contratto di servizio (la scadenza per la presentazione in Vigilanza è prevista, secondo la Convenzione, il 28 ottobre)? Il decreto Legge proposto da Franceschini sulla produzione di audiovisivi nazionali quanto impatta sui bilanci dei broadcaster (recentemente hanno sottoscritto tutti una lettera di allarme) e, in modo particolare, sulla Rai? La risoluzione della Vigilanza Rai approvata all’unanimità sulla questione dello strapotere degli agenti chi avvantaggia sostanzialmente? Quest’ultimo, formalmente, interessa solo Viale Mazzini, ma sostanzialmente riguarda anche buona parte degli altri competitor.
Sul primo punto, ad oggi, siamo in stallo. Per quanto ci è noto, la Rai ha nel cassetto una bozza di Contratto pronta per essere sottoposta al confronto (il contenuto? Potrebbe essere utile a tutti saperne qualcosa) e sembra in attesa di una mossa del Mise che, al momento, tace e si parla di un “ritardo”. “Il contratto per noi è un formidabile paracadute, ci mette al riparo da tutte le interferenze e turbolenze esterne” ci dice una delle nostre fonti, ricordando l’intervista di Orfeo dei primi giorni di agosto che pure aveva promesso di far uscire una bozza di contratto proprio in questi giorni. Infatti, il vuoto attuale in cui si trova la trattativa lascia spazio a quelle manovre esterne che conducono al secondo interrogativo.
I decreti attuativi proposti dal ministro Franceschini, apparentemente, salvaguardano la produzione audiovisiva nazionale (ispirato dal modello francese). Sostanzialmente, per quanto abbiamo già scritto in precedenti articoli, penalizza ancora una volta la Rai in quanto si richiede di fare di più con minori risorse disponibili. Sono in gioco diverse centinaia di milioni che non si sa mai bene da che parte possano provenire. Al momento, comunque, di questa iniziativa il Governo Gentiloni non sembra proprio essere appassionato, proprio per le possibili interferenze sul futuro del Contratto di servizio.
Infine, il terzo interrogativo è pur vero che è prevalentemente incardinato sul fronte Rai (nasce su iniziativa del deputato Pd Anzaldi dopo le polemiche – non ancora del tutto sopite – sul caso Fazio) ma altrettanto vero è che i parlamentari hanno scritto chiaro e tondo due concetti fondamentali: il primo è si richiede un “un intervento del legislatore vincolante per tutte le aziende del settore radiotelevisivo” mentre il secondo è che la Rai, nelle more di questo intervento, debba “tempestivamente” adottare misure idonee ad evitare conflitti di interesse. Il fatto poi che si possa auspicare un intervento vincolante per tutte le aziende del settore radiotelevisivo appare meritevole di approfondimento: anzitutto di quale “intervento” si parla? Una nuova legge di riordino dell’etere del tipo la 112 di gasparriana memoria? Il CdA Rai ne ha auspicato l’avvio per tutti i broadcaster per evitare dannose asimmetrie di sistema.
Nota a margine: con questo indirizzo della Vigilanza, Il DG sarà in grado di mantenere la promessa di portare Benigni su Rai Uno a dicembre?
Sembra dunque che proprio nel combinato disposto di questi interrogativi si possano intravvedere gli equilibri in movimento. Sono molti colori che ritengono il quadro politico ormai prossimo ad entrare nella zona grigia preelettorale, dove tutto, o quasi, si annebbia e si arena. Il Governo sta per entrare nella fibrillazione della manovra economica laddove tutto il resto passa necessariamente in secondo piano. Per qualcuno, tenere la Rai immobilizzata e paralizzata nelle proprie difficoltà (nonostante l’euforia degli ascolti dei primi giorni del periodo di garanzia pubblicitaria mostrata ieri a Milano) può essere conveniente. Come abbiamo scritto in premessa, laddove c’è uno spazio libero, altri lo occupano. Questo è il mercato delle radiotelevisioni.