Avanti sulla riforma delle Tlc europee. Il nuovo Codice delle comunicazioni elettroniche è stato licenziato dalla commissione industria dell’Europarlamento (Itre) con un voto a larga maggioranza trasversale di Ppe, S&, Alde. Ora dovrà ricevere l’ok della plenaria per poi passare ai negoziati con Consiglio e Commissione Ue in modo da trovare un accordo su un testo finale.
Il Codice contiene numerosi provvedimenti tecnici, tra cui misure per favorire gli investimenti nel 5G e banda ultralarga, novità sistema di assegnazione delle licenze per lo spettro (25 anni di durata con revisione dopo 10), una serie di misure per i consumatori e la richiesta di tagliare i costi delle chiamate internazionali oltre al rafforzamento del Berec e un sistema di 112 “al contrario”, che segnala situazioni di pericolo ai cittadini. Il testo concede ai regolatori nazionali più poteri per obbligare gli incumbent ad aprire le reti ai loro concorrenti, privilegiando di fatto il modello wholesale-only, lo stesso per intenderci adottato in Italia da Open Fiber. Inoltre spinge al coinvestimento ma senza incentivi che, invece, la Commissione aveva in qualche modo introdotto con una regolazione più light. Il Parlamento europeo ha però modificato questa opzione.
Questo instaura un regime specifico per quegli operatori che concentrano risorse solo nel roll-out di infrastrutture ultrabroadband il cui accesso è concesso, a condizioni non discriminatorie, ad altri operatori. Le reazioni alle misure sono quindi contrastanti, e in particolare gli operatori Tlc di Etno e l’industria di DigitalEurope che raccoglie da Apple a Huawei hanno lanciato l’allarme che la proposta spinta da Strasburgo metta in realtà a rischio gli investimenti.
“Oggi le principali misure che portano agli investimenti appaiono minacciate”, ha dichiarato Etno. Secondo Reuters, da tempo gli ex incumbent chiedono meno regole e più incentivi per affrontare gli investimenti necessari alla realizzazione delle nuove reti ultraveloci (fibra e 5G) su cui peraltro Bruxelles punta per rilanciare l’economia dell’Unione e rinverdire i fasti del 2G e del 3G, quando l’Europa primeggiava a livello globale nel mobile.
Le misure che non piacciono soprattutto agli ex incumbent, come Orange, Deutsche Telekom e Tim, costretti a sostenere forti investimenti per portare la fibra nelle case, e che da tempo si lamentano delle regole in vigore che li costringono ad aprire le loro reti alla concorrenza a prezzi regolati, con ritorni a loro dire insufficienti a sostenere gli investimenti. Nemmeno i co-investimenti sembrano rappresentare una fonte sufficiente di ritorni per le telco. I piccoli operatori come TalkTalk e Fastweb (che in Italia opera nella fibra anche in joint venture con Tim in Flash Fiber) hanno lamentato che le misure di co-investimento proposte dalla Ue potrebbero danneggiare la concorrenza, che a loro dire rappresenta il vero motore per gli investimenti. Il voto di ieri non è definitivo, e dovrà essere concordato con la posizione assunta dagli stati membri sulla riforma del quadro regolatorio delle telecom ancora in fase di discussione.
Nel mirino di Etno anche le frequenze per il cui utilizzo è prevista una durata venticiquennale con revisione dopo 10 anni: secondo le telco l’interim review frenerebbe gli investimenti in 5G.