“Siamo a un passo dallo standard 5G. Sarà un percorso ancora lungo, con target 2020, e con quest’obiettivo la parte tecnica si inquadra perfettamente con le iniziative istituzionali della Ue e del governo italiano. Il governo ha lanciato i trial a marzo, in 5 città: Milano, Matera, Bari, L’Aquila e Prato. Huawei sarà protagonista insieme a TIM e Fastweb a Bari e Matera, e posso dire già da ora che la user experience per gli utenti in queste due città nel 2019, grazie a una versione iniziale della tecnologia, sarà in linea con quella che sarà disponibile in altri luoghi sotto i riflettori dei media, come la Corea de Sud in occasione delle olimpiadi invernali. Di fatto l’Italia, anche nel caso della capitale europea della cultura 2019, Matera, sarà in linea con le prime nazioni nel mondo”. Lo dice in un’intervista a CorCom Fabio Moresi, Head of Wireless Marketing di Huawei per l’Italia.
Moresi, con il 5G si sta rapidamente passando dalla teoria alla pratica. Cosa manca per l’operatività?
I prossimi mesi saranno fondamentali per il rilascio delle prime versioni semplificate dello standard, che si completerà alla fine del 2019 con la chiusura che completerà il quadro e sarà in linea con il lancio commerciale del 2020. In questo contesto Huawei sta giocando un ruolo da protagonista: possiamo contare su cinque presidenti e vicepresidenti di gruppi di lavoro sul nuovo standard in seno al 3Gpp, il 3rd generation partnership project: nessuno nel mondo ne ha così tanti in ruoli chiave. Ovviamente stiamo investendo molto, dal momento che siamo convinti che il 5G rappresenti il futuro del nostro sviluppo. Gli investimenti tra 2013 e 2018 sul 5G ammontano a 600 milioni di dollari soltanto per ricerca e standardizzazione, senza tenere ancora conto di quelli per la produzione. Nella parte di ricerca coinvolgiamo 2mila ingegneri. Non a caso, al Mobile world congress di Barcellona, la Gsma ha assegnato a Huawei il premio creato ad hoc quest’anno per il 5G. Intanto in Cina partecipiamo all’iniziativa guidata dal governo, il 5G promotion group: nei pressi di Pechino è stata creata una zona trial, un “laboratorio a cielo aperto”, assegnando spazi alle aziende per mettere a punto le loro sperimentazioni su una serie di obiettivi. A oggi ne abbiamo già centrati 5 su sei, mentre il secondo in classifica è ancora a quota due.
Su cosa si è concentrata la ricerca in questi anni?
Si è partiti nel 2015 dalla ricerca della velocità, il primo target è stato quello di riuscire a superare il gigabit per secondo, e già oggi siamo arrivati a oltrepassare quella soglia con il 4.5G. Con il 5G, così, si riuscirà ad andare oltre, fino ad arrivare ai 5 o 10 gigabit per secondo. Ma se dal punto di vista mediatico risulta interessante parlare di velocità massima, è anche vero che ultimamente si fa molta più attenzione all’efficienza spettrale: i valori che vengono annunciati sono magari anche inferiori a quelli del passato, ma migliorano sensibilmente i bit che si riescono a trasmettere a parità di spettro utilizzato: si guarda cioè con più attenzione all’efficienza. Non cioè a quanto riesco a far correre una macchina su una nuova autostrada, ma a quante macchine riesco a far viaggiare su quel tracciato, consentendo a tutte di mantenere un’alta velocità.
Il 2016 è stato poi l’anno dell’uscita dai laboratori, con i primi trial in giro per il mondo, con un’attenzione particolare all’architettura, che consente il cosiddetto network slicing, la possibilità cioè di rendere la rete più flessibile, offrendo i servizi in funzione delle richieste e delle esigenze degli utenti. Mantenendo il paragone con le autostradale, vuol dire dare più capacità e più servizi alla rete dove, magari per via di un esodo estivo, c’è più bisogno di capacità e di servizi, di nuove corsie e di autogrill, soltanto per il periodo di tempo necessario a evitare le congestioni.
Arriviamo così al 2017. Quali sono oggi le priorità?
Quest’anno è l’anno dell’apertura verso i verticali. Di fronte a una tecnologia che offre nuove possibilità, come fornitori di infrastrutture siamo chiamati a coinvolgere tutti gli altri attori, partner non necessariamente tecnologici o del mondo delle tlc, ma potenzialmente fruitori della tecnologia 5G del domani. La collaborazione è centrale, perché ci mette nelle condizioni di individuare i reali bisogni del mercato. Se non lavorassimo a stretto contatto potremmo non renderci conto di alcune fondamentali e potenziali applicazioni di questa tecnologia. Lo stiamo facendo in vari ambiti, ad esempio con gli X Labs, incubatori di idee dove c’è la parte tecnica, offerta da Huawei, la parte degli operatori, e poi in funzione delle specificità dei mercati andiamo a investigare ambiti appena fuori dalle Tlc. In Europa lo stiamo facendo con l’automotive, sia tramite gli X Labs Huawei che con collaborazioni in consorzi con le più grandi case automobilistiche. Altri filoni importanti sono quello dei droni, che in futuro potranno essere sempre più utilizzati per monitorare le infrastrutture, o per portare a termine da remoto operazioni che altrimenti metterebbero a rischio vite umane, come gli interventi in zone ad alto pericolo idrogeologico, o negli scenari di attacchi terroristici come gli allarmi bomba. Grazie ai tempi di latenza minima consentiti dal 5G controllare un mezzo da remoto sarà sempre più agevole e sicuro. Inoltre, al PT Expo China 2017, Huawei ha presentato la prima rete 5G con funzionalità di slicing per applicazioni Smart Grid che richiedono tempi di reazione bassissimi per poter gestire le problematiche del settore. Altri filoni interessanti sono quelli della realtà virtuale e dell’augmented reality, con contenuti video o di entertainment che potranno essere utili, ad esempio, nel turismo o anche nel settore di industria 4.0, in cui Huawei ha in corso collaborazioni con aziende leader del settore automotive e della robotica, come ad esempio Festo e Kuka.
Per una compagnia come la vostra il settore R&D gioca un ruolo chiave. L’Italia si sta dimostrando un patrimonio anche in termini di “cervelli”?
Siamo organizzati con una serie di centri di ricerca su obiettivi specifici nel mondo. E le sedi che abbiamo in Italia, come il centro di competenza globale di tecnologie per le alte frequenze di Segrate, è fondamentale. Infatti il 5G andrà a operare anche sulle bande di frequenza alte dello spettro, le cosiddette onde millimetriche. Stiamo sviluppando la tecnologia grazie alle collaborazioni tra Italia e Cina. Inoltre abbiamo in campo collaborazioni con alcune delle maggiori università italiane, tra cui il Polimi e l’Università di Pavia. E con l’allargamento su Bari e Matera estenderemo questo genere di collaborazioni agli atenei locali. Ogni università ha la sua specificità e per ognuna abbiamo individuato un tema da sviluppare insieme e su cui collaborare. Così proviamo a tenere le antenne ben dritte per cercare di intercettare le idee migliori in giro per il mondo.
Nei giorni scorsi il presidente di Open FIber, Franco Bassanini, ha detto che “conviene che la rete 5G la faccia uno per tutti e la metta a disposizione senza essere concorrente sul mercato retail”. Qual è la sua idea in proposito?
Credo sia una provocazione, che parte da una considerazione in cui c’è del vero: per implementare il 5G abbiamo bisogno di una rete in fibra ottica capillare, e alcuni potrebbero vedere come una garanzia il fatto che a metterla giù fosse un unico operatore che si proponga come fornitore unico. Ma altri potrebbero avanzare proposte o strategie differenti, puntando sul fatto che è importante contare su più fornitori e su un mercato reso più dinamico dalla concorrenza. Alla fine sarà necessario trovare un accordo tra queste due visioni strategiche, e noi siamo osservatori esterni, attenti a non sollevare oggi questioni che potrebbero essere premature e che richiederanno un ampio dibattito