La cosiddetta “tassa Airbnb” introdotta con la manovra correttiva lo scorso giugno in tema di regime fiscale delle locazioni brevi “appare potenzialmente idonea ad alterare le dinamiche concorrenziali tra i diversi operatori, con possibili ricadute negative sui consumatori finali dei servizi di locazione breve (ovverosia i conduttori)”. Lo sottolinea l’Antitrust in una segnalazione ai presidenti delle Camere, al ministro dell’Economia e al direttore dell’Agenzia delle Entrate.
La manovrina ha introdotto l’obbligo per gli intermediari degli affitti turistici, digitali e non, di raccogliere le tasse (al 21%) per conto dei proprietari di casa e versarle al Fisco.
L’Autorità si dice “pienamente consapevole che l’intervento del legislatore mira a realizzare un interesse pubblico di natura fiscale e a contrastare il fenomeno dell’evasione”. Ciò detto l’Antitrust sottolinea che “l’introduzione dei suddetti obblighi non appare proporzionata rispetto al perseguimento di tali finalità, in quanto si ritiene che le stesse potrebbero essere perseguite altrettanto efficacemente con strumenti che non diano al contempo luogo a possibili distorsioni concorrenziali nell’ambito interessato”.
In particolare, secondo l’Autorità, la misura rischia di “scoraggiare, di fatto, l’offerta di forme di pagamento digitale da parte di piattaforme che hanno semplificato e al contempo incentivato le transazioni online, contribuendo a una generale crescita del sistema economico”.
Il decreto legge n. 50/2017 – la manovra correttiva – ha introdotto una specifica disciplina fiscale per le locazioni brevi, ossia per i contratti di locazione di immobili a uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, stipulati, dal 1° giugno 2017, tra persone fisiche al di fuori dell’attività di impresa. La guida spiega che per questi contratti, comprese le sublocazioni, il locatore può optare per il regime della cedolare secca assoggettando il reddito derivante dalla locazione all’imposta sostitutiva del 21% invece della tassazione ordinaria. I contratti possono essere conclusi direttamente dalle parti o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare o mediante piattaforme online.
Lo scorso 18 ottibre invece il Tar del Lazio aveva detto no alla sospensione della tassa, respingendo con ordinanza le richieste cautelari fatte da Airbnb Ireland Unlimited Company e Airbnb Payments Uk Limited. Il Tar, tuttavia, si è riservato di approfondire, in fase di merito, “alcune questioni di rilevanza anche comunitaria”.
Tar si è espresso sul dispositivo introdotto nella manovra correttiva di primavera. Il giudice amministrativoha chiarito che le misure in contestazione “non si palesano discriminatorie laddove esse ragionevolmente si applicano, per la parte relativa agli obblighi di versamento, solo agli intermediari che intervengono nel pagamento del canone di locazione”. Inoltre, sul piano della comparazione tra i diversi interessi pubblici e privati coinvolti “appare comunque prevalente l’interesse pubblico al mantenimento degli effetti del provvedimento in esame, al quale peraltro gli altri operatori del mercato si sono già adeguati”.
Airbnb aveva fatto sapere “di dover valutare, a nostra tutela e in ragione dei motivi di urgenza, l’opportunità di portare il caso all’attenzione del Consiglio di Stato. Pur non concedendo la sospensiva, il Tar ha riconosciuto l’esistenza di aspetti meritevoli di ampia riflessione in sede di merito”.