No al router imposto dai gestori: Agcom intervenga. E’ l’appello di Aires, associazione dei retailer specializzati, e Vtke (raggruppa i produttori di terminali per le telecomunicazioni tedesche) che ricordano come la Ue abbia stabilito l’utente ha il diritto di decidere autonomamente quale router impiegare per allacciarsi alla banda larga. In realtà, denunciano le associazioni, in Italia gli utenti sono costretti a tenersi il router del gestore telefonico.
“l tema è già entrato nelle aule parlamentari anche in Italia, e per certi versi parrebbe che l’attuale legislazione tuteli già il principio del router libero – si legge nella nota congiunta – Ma gli Internet provider italiani hanno “forzato” l’interpretazione, identificando il router non tanto come un apparato di proprietà e di libera scelta e configurazione da parte dell’utente, ma come ultimo terminale della rete pubblica, su cui è necessario che il gestore abbia il pieno controllo per garantire il buon funzionamento della rete”. Secondo Aires e Vtke questa interpretazione è impropria e strumentale a non far ricadere il router imposto nelle fattispecie sanzionate dalla normativa europea.
Inoltre l’obbligo di tenere il router del gestore è dannoso per l’utente sotto molteplici asopetti. Per le associazioni è una grave limitazione della libertà dell’utente e aumenta la difficoltà a cambiare gestore. Inoltre si apre una breccia enorme sulla sicurezza: poiché i router dei gestori tutti uguali e configurati serialmente, l’identificazione di una vulnerabilità diventa una facile porta di ingresso verso tutte le reti locali e i dati degli utenti da parte dei malintenzionati, come già successo diverse volte in passato proprio con i router Adsl, Infine la neutralità della rete è a rischio: il router sotto il totale controllo del gestore e senza possibilità da parte dell’utente di verificarne la configurazione, rende il servizio non più “neutro” nei confronti dei diversi servizi. Per esempio, il router può essere configurato dal gestore per privilegiare le connessioni verso determinati servizi (per esempio una particolare piattaforma pay di video streaming) e penalizzarne altri.
“Per questo motivo si ritiene che Agcom, nell’ambito della propria attività di regolatore, operando a favore della tutela dei cittadini e dei loro diritti digitali, debba sancire che il router non è un nodo della rete pubblica ma debba essere considerato piuttosto il primo apparato della rete locale, e quindi sotto il controllo dell’utente. Come peraltro sia la logica che la collocazione evidente all’interno delle mura domestiche suggeriscono. In pratica, va sancito il confinamento della rete pubblica (sulla quale ha senso che il gestore abbia il pieno controllo) fino alla borchia di rete fibra-rame e non all’apparato; il router è e deve restare il cuore della rete locale sulla quale l’utente non può che avere il pieno ed esclusivo controllo”.
In Germania ad esempio da agosto 2016 gli utenti scelgono liberamente quale apparecchio utilizzare con la propria linea Internet. La normativa indica chiaramente che la rete pubblica per le telecomunicazioni termina al punto di raccordo passivo alla rete, quindi alla presa nella parete. Gli operatori tedeschi non possono più affermare che il router sia parte integrante della propria rete.