L’Ecofin ha ribadito la “quasi unanime intenzione di andare avanti” sulla web tax, “ci sono varie ipotesi tecniche, nessuna è semplice, la Commissione lavora a varie ipotesi”. Lo ha detto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan al termine dell’Ecofin. Padoan ha spiegato che “l’auspicio di tutti” è che si proceda in un contesto globale, ma che in ogni caso “la Ue debba andare avanti anche se ci sono resistenze di altri Paesi extra europei”. Da parte degli Stati Ue, “non ci sono perplessità sulla necessità di andare avanti sulla tassazione dell’economica digitale”, ha concluso.
La dimostrazione che gli Stati europei non hanno intenzione di mollare sulla web tax la dà anche l’incontro tra il presidente francese Emmanuel Macron e il ceo di Apple, Tim Cook. Incontro che ha dato il via a un “dialogo costruttivo” sulla tassazione dei giganti del digitale.
Cook, che ha incontrato Macron per la prima volta, è stato ricevuto all’Eliseo “su sua richiesta” dopo aver visitato in mattinata un suo fornitore, la società normanna Eldim. Parigi ha proposto di tassare in Europa i giganti del web, come Google, Facebook, Amazon e la stessa Apple, accusati fare ottimizzazione fiscale con escamotage che consentono di ridurre le imposte. La Francia spera che l’Ue prenda posizione entro la fine dell’anno, nonostante le resistenze di alcuni Paesi.
E l’Italia intanto si avvia a marciare da sola, almeno in attesa che la Ue prenda una decisione a livello comunitario. Secondo quanto filtra da ambienti vicini al governo e alla maggioranza il provvedimento che costringerebbe i giganti del web a pagare le imposte potrebbe essere contenuto nella Finanziaria 2018.
Sul tavolo del governo ci sono diverse ipotesi su come intervenire, la più probabile prevede un prelievo dell’8% sui ricavi. Misura perfettamente in linea con l’idea prevalente tra gli stati membri della Ue che è appunto quella di colpire i fatturati.
Due le ipotesi al vaglio: la prima prevede di imporre un’aliquota pari a circa l’8 per cento a tutti i big della rete senza stabile organizzazione in Italia. L’obiettivo del governo non è quello di obbligare Booking o Facebook a pagare qualcosa, ma a far emergere i ricavi effettivamente prodotti in Italia. D’altra parte l’idea di tassare i fatturati prodotti a livello nazionale è quella avanzata dall’ultima riunione dei ministri finanziari europei.
La seconda opzione stabilisce che se l’azienda ammette volontariamente di avere una stabile organizzazione – e dunque un fatturato più alto di quello denunciato – il governo si limiterebbe a imporre il pagamento dell’Iva dovuta.
Qualunque sia la soluzione, per il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, serve intervenire sul concetto di “stabile organizzazione”. “Andrei cauto nel parlare di imposte forfettarie, primo perché il problema di alcune Over the Top è l’elusione totale. Queste aziende non fatturano e una tassa su un fatturato pari a zero fa sempre zero – spiega Boccia – Il nodo, dunque, è sempre lo stesso: superare il loro concetto, per noi oggi inaccettabile, di ‘non stabile organizzazione’ in modo da far pagare alle Ott almeno le imposte indirette nei Paesi in cui fanno business. In secondo luogo, dobbiamo capire che siamo dentro una rivoluzione radicale del sistema economico che tocca anche l’intelaiatura fiscale e non possiamo costruire imposte differenziate tra chi opera online e chi fa business offline, soprattutto se il business è lo stesso”.
Una posizione ribadita anche in un un’intervista a “La Stampa”, nella quale Boccia si dice poco soddisfatto della soluzione ipotizzata dal Tesoro. “Il mio cruccio è l’enorme asimmetria che si sta creando nel mondo del commercio: se un negozio di strada vuol fare una promozione deve chiedere l’autorizzazione al sindaco, Amazon non la chiede a nessuno”, dice. Il presidente della commissione Bilancio della Camera ritiene che ci voglia coraggio e spinge per introdurre l’obbligo di stabile organizzazione: “Se non vogliamo lo scontro con gli altri partner europei, diamo alle aziende la possibilita’ di scegliere volontariamente di aderire alla stabile organizzazione e almeno riscuotiamo l’Iva dovuta”. Su questo Boccia promette battaglia in parlamento, pur avendo dubbi “sulla volonta’ europea di andare oltre”.
Le cifre dell’elusione dei giganti del web sono importanti, come confermato dagli studi effettuati da Nielsen e Politecnico di Milano. Nel 2015, per esempio, Google avrebbe fatturato circa 1,2 miliardi di euro ma ne avrebbe dichiarati al fisco solamente 65. Facebook ne avrebbe fatturato 400 milioni contro gli 8 dichiarati.