L'INDAGINE

Industria 4.0, più skill e un welfare “agile” per sostenere il lavoro

Conclusa l’indagine conoscitiva del Senato: formazione continua e nuove tutele per la salute al centro delle azioni di riforma legislativa. Maurizio Sacconi: “Servono meno leggi e più contratto”. Il modello? Il ccnl dei metalmeccanici

Pubblicato il 12 Ott 2017

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In un Paese come l’Italia, con un basso tasso di occupazione e un welfare non più in grado di rispondere ai bisogni, l’Industria 4.0 otrebbe accentuare le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza, la diffusa paralisi della mobilità sociale e la povertà assoluta. Ecco perché serve creare un nuovo modello di mercato del lavoro “inclusivo” e capace “di offrire un’opportunità a tutti”, ma che tenga conto delle nuove esigenze: formazione continua, competenze digitali, armonizzazione di un sistema di collocamento che metta in rete le scuole, le università, i centri per l’impiego, senza più delegare le politiche del lavoro alle emergenze”. Sono le conclusioni dell’indagine conoscitiva svolta dalla commissione Lavoro del Senato su “L’impatto sul mercato del lavoro della quarta rivoluzione industriale”. Il documento vuole essere una “base” per futuri interventi normativi in gradi di innovare il mercato del lavoro e metterlo al passo con i tempi di una tecnologia che “corre”.

“Sono state spiegate le grandi sfide che attendono soprattutto la responsabilità dei decisori pubblici e che riguardano il diritto del lavoro, il rapporto tra legge e contratto, il differenziale tra velocità dell’innovazione e dell’apprendimento, l’occupabilità nel nuovo mercato transazionale del lavoro, la prevenzione degli infortuni nel lavoro liquido, la tutela dei tempi per gli affetti e il riposo nella connessione continua, i processi di urbanizzazione digitale, l’anticipo delle scelte di vita, il nuovo welfare al tempo della discontinuità lavorativa – spiega il presidente della commissione, Maurizio Sacconi – Crediamo di avere offerto, a pochi mesi dal voto, una piattaforma largamente condivisa sulla quale potranno appoggiarsi le diverse proposte politiche secondo una dialettica non più conflittuale, e talora persino violenta, come in passato è accaduto nella materia del lavoro. La grande trasformazione 4.0 impegna tutti a garantire che lo sviluppo sia umano”.

In un mondo che corre e cambia rapidamente, si legge ancora nel rapporto, le norme giuridiche possono e devono garantire i diritti essenziali dei lavoratori, il resto va lasciato al contratto, con la mediazione fondamentale dei sindacati e il massimo coinvolgimento possibile dei dipendenti.

“Unanime è la consapevolezza delle opportunità e dei pericoli impliciti nelle nuove tecnologie e la convinzione che la prevalenza delle prime dipenderà dalla azione dei decisori istituzionali e dalla capacità contrattuale delle organizzazioni sociali – prosegue Sacconi – ‘Meno legge, più contratto’ si dice nel documento in ragione della velocità del cambiamento. Lo stesso fondamentale diritto all’apprendimento non può che avere caratteri promozionali ovvero rendersi effettivo nelle concrete circostanze di azienda, di filiera o di territorio, anche sulla base dello stimolo di rinnovati fondi interprofessionali per la formazione. Tocca alla legge garantire diritti fondamentali come l’equo compenso del lavoro, tanto dipendente quanto indipendente, o il diritto alla disconnessione. Istituzioni e parti sociali hanno il dovere di offrire opportunità affinché ciascuna persona si faccia “solida nella dimensione liquida” del nuovo mercato del lavoro”.

Secondo i senatori vanno ripensati i diritti materia di salute, ora disegnati per un posto di lavoro “statico” e permanente, ma che invece decono rispondere alle seigenze di un lavoratore “agile” e “flessibile”: il modello potrebbe essere quello dello “sviluppo delle buone pratiche partecipative” auspicato dall’ultimo contratto dei metalmeccanici.

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