Tim conferma di aver inviato a Palazzo Chigi la notifica “ai sensi dell’articolo 2 del Decreto ‘Golden Power‘”, quello che riguarda gli asset di rilevanza strategica nel settore delle comunicazioni. Ma lo ha fatto, specifica la società in una nota, solo per “allinearsi con quanto deciso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 28 settembre 2017″, rimanendo però ferma sulla propria posizione che “nessuna notifica fosse dovuta”, “senza che quindi siano intervenuti eventi differenti da quanto indicato nei precedenti comunicati stampa né sviluppi istruttori nel procedimento di fronte all’autorità di Governo”. Così la società annuncia che “coerentemente con i propri interessi, continuerà a far valere le proprie argomentazioni nelle sedi competenti”.
Intanto una delle ipotesi che sta iniziando a farsi largo per il futuro della rete di Tim potrebbe essere alla societarizzazione dell’infrastruttura, includendola in una nuova società che consentirebbe la piena trasparenza contabile della rete e garantirebbe gli eventuali presidi di governance che potrebbero eventualmente essere richiesti.
La notifica inviata da Telecom apre di fatto il procedimento del vaglio governativo sul dossier, con l’inizio del confronto tra l’esecutivo e Tim, e che potrebbe annoverare tra le possibili soluzioni conseguenti al controllo di Vivendi su Tim la societarizzazione della rete, che rimarrebbe in ogni caso pienamente sotto il controllo dell’operatore, senza “espropri” o separazioni proprietarie.
Un tema su cui sarebbe a lavoro da un altro versante anche Agcom, che secondo rumor pubblicati dal Sole24ore starebbe prendendo in considerazione, con l’analisi di mercato per il triennio 2018-2020, la possibilità di porre in consultazione pubblica la societarizzazione della rete, al di là della piega che prenderà il caso golden power,
Probabile che il comitato poteri speciali, prima di dettare eventuali condizioni o prescrizioni all’operatore, possa chiedere di vagliare il piano industriale sulla rete, approfondendo i temi della valorizzazione degli investimenti e della tutela della sicurezza, intervenendo anche sul campo degli assetti organizzativi con l’obiettivo di tutelare gli interessi pubblici nella vicenda.
Quella della societarizzazione tra l’altro è una via già seguita da Tim con Sparkle, che è una società per azioni a sé stante, ma controllata al 100% dall’operatore. Una soluzione di questo genere tra l’altro “supererebbe” quanto avviane nel Regno Unito con Open Reach, da più parti proposta come esempio della possibile “evoluzione” della rete Tim: in quel caso infatti la rete di Bt è una struttura separata dall’operatore dal punto di vista funzionale, con un board a parte, anche se non formalmente separata dal punto di vista societario.