Non solo Russia. Nell’ultimo anno i governi di 30 Paesi hanno usato qualche forma di manipolazione dell’informazione online, attraverso commentatori pagati, troll, bot, siti di news falsi e organi di propaganda. A dirlo è un rapporto del think tank Freedom House sulla libertà online.
Oltre a Russia e Cina, figurano Stati come Turchia, Venezuela e Filippine, Messico e Sudan. Nel 2016 i Paesi interessati erano 23. I governi stanno “aumentando marcatamente gli sforzi per manipolare l’informazione sui social media, minando la democrazia”, si legge nel rapporto, secondo cui la disinformazione ha avuto un ruolo importante nelle elezioni in almeno 18 Paesi nell’ultimo anno, tra cui gli Usa. In Europa occidentale, il report segnala la presenza di fake news sulle elezioni nei 4 Paesi esaminati: Italia, Francia, Germania e Regno Unito. “I governi stanno ora utilizzando i social media per sopprimere il dissenso e far progredire un’agenda antidemocratica”, ha detto Sanja Kelly, direttrice del progetto Freedom on the Net. A servizio del fenomeno nuovi professionisti del web, “opinion shapers” chiamati a condizionare l’informazione
E’ di fine settembre la notizia secondo cui Twitter aveva rivelato al Congresso americano di aver chiuso oltre 200 profili collegati agli stessi gruppi russi che hanno acquistato su Facebook pubblicità politiche pro-Donald Trump nel tentativo di influenzare le elezioni presidenziali del 2016. Twitter, incontrando in una seduta a porte chiuse prima i rappresentanti del Senate Intelligence Committee e poi quelli dell’House Intelligence Committee, ha anche individuato tre profili sulla sua piattaforma legati al sito di news governativo russo RT: avrebbero speso complessivamente 274.100 dollari in Twitter ads nel settembre del 2016, a ridosso delle elezioni presidenziali.
Soltanto pochi giorni prima Facebook aveva annunciato di voler consegnare al governo le copie di 3.000 ads politiche comprate attraverso account russi durante le elezioni dello scorso anno.
Una ventina degli account Twitter (ora tutti chiusi) erano associati a 470 account e pagine su Facebook che, ha svelato l’azienda di Mark Zuckerberg, arrivavano dalla Internet Resarch Agency, un troll collegato con la Russia. Anche per questo rimbalzo di account sui due siti, il Senate Intelligence Committee ha invitato i social network il 1 novembre a un incontro congiunto, cui dovrà partecipare anche Google per il peso che ha sul mercato pubblicitario.