Sembra destinata a naufragare in un mare di carta la prima grande
prova della posta elettronica certificata.
Il problema – come riporta il Corriere della Sera – riguarda i
concorsi da professore universitario che dovrebbero partire in
autunno e che coinvolgono 180 commissioni, 900 esaminatori e circa
25mila candidati in lizza, non per una cattedra, ma per
l’ingresso negli elenchi dell’abilitazione nazionale. Proprio
l’imponente numero di partecipanti e la mole di documenti da
allegare alla domanda – 12 pubblicazioni – aveva convinto il
Miur a puntare sulla Pec.
Nel decreto che bandiva il concorso aveva scritto che le
“domande, corredate da titoli e pubblicazioni scientifiche sono
presentate per via telematica”. Ad opporsi è arrivato però il
parere del Consiglio di Stato secondo cui nel decreto occorre
precisare che “l'uso dell'informatica si limita alla
presentazione delle domande e del mero elenco dei titoli” dato
che “la trasmissione informatica può diventare troppo onerosa e
richiedere tempi di confezionamento e lettura più lunghi”
rispetto a quella cartacea.
Il ministero ha provato a ribadire al Consiglio di Stato che il
ritorno al cartaceo determinerebbe costi aggiuntivi per 8 milioni
di euro. Puntualizzazione che però non sembra aver convinto il
massimo organo della giustizia amministrativa. “I risparmi di
spesa non sembrano così rilevanti a fronte della complicazione che
si introduce, pretendendo l'invio delle pubblicazioni
esclusivamente per via informatica”.
La palla passa ora al Consiglio dei ministri a cui spetta la
decisione finale ma certamente il parere del Consiglio di stato
peserà come un macigno sul voto dei ministri.