Sono ancora tempi duri per Cisco Systems, la più grande azienda
mondiale delle attrezzature di rete, alle prese con una concorrenza
sempre più agguerrita sia da parte dei rivali occidentali che dei
nuovi vendor asiatici. Dopo essersi disfatta di alcune attività
non-core, ora la compagnia di San Jose potrebbe ridurre il suo
personale di 10.000 unità, pari a circa il 14% dell’attuale
staff, per tornare a far crescere i profitti, secondo quanto
rivelato da fondi confidenziali all’agenzia di stampa
Bloomberg.
Si tratterebbe nel dettaglio di licenziamenti (fino a 7.000) che
andranno effettuati di qui ad agosto e cui si aggiungerebbero altri
3.000 pre-pensionamenti.
“Forniremo ulteriori dettagli sul piano di riduzione dei costi
nel prossimo incontro con gli analisti a inizio agosto”, ha
dichiarato Karen Tillman, portavoce dell’azienda di San Jose. Le
fonti di Bloomberg chiariscono che il pacchetto di
pre-pensionamento volontario è stato offerto a circa 5.800
dipendenti. E' una misura che costa – almeno 500 milioni per i
benefit che sono garantiti a chi sceglie di uscire dall'azienda
prima del tempo – ma che dovrebbe far maturare risparmi per almeno
un miliardo di dollari nell'anno fiscale 2012.
Gli analisti concordano con la strategia di Cisco: “Lo staff è
sproporzionato. Devono licenziare”, commenta Brian Marshall di
Gleacher & Co. Cisco attualmente impiega più di 73.000 persone nel
mondo.
Proprio la Gleacher and Miller Tabak & Co. ha fatto sapere ieri che
secondo le sue analisi Cisco eliminerà almeno 5.000 posti di
lavoro nel tentativo di rilanciare la propria crescita. Ciò
ridurrebbe le spese operative di circa 1 miliardo di dollari
l’anno e farebbe salire gli utili del 2012 dell’8%, conferma
Marshall.
Lo share di Cisco del fatturato mondiale nel settore switch è
sceso del 5,8% nel primo trimestre 2011 (ora si attesta al 68,5%),
in base a dati di Dell’Oro Group, mentre nelle vendite globali di
router l’azienda californiana ha perso il 6,4% e ora controlla il
54,2% del mercato. Il fatturato è previsto in crescita del 7%
quest’anno a 43 miliardi di dollari, una performance meno
brillante di quella del 2010 (+11%), secondo gli analisti sentiti
da Bloomberg.