Adesso è tempo di ottimismo sui servizi di pagamento mobile
contactless con Nfc (Near field communications). Persino in Italia:
s’intravede l’uscita dalla palude stagnante delle
sperimentazioni. Ma il motivo di tanto rinnovato entusiasmo viene
dall’estero. “Dai nostri incontri con 50 aziende italiane del
settore, nelle scorse settimane, risulta che parecchie cose si
stanno muovendo dietro le quinte”, dice Filippo
Renga, responsabile area mobile payment per School
of Management-Politecnico di Milano.
“Il fatto è che gli operatori adesso per la prima volta si
sentono pressati ad agire, dopo le mosse estere degli over the top,
Google in testa”, aggiunge. Hanno paura della concorrenza che
arriva dagli Usa ed è un bene per l’innovazione, “temono che
si possa ripetere il caso del mercato applicazioni, sconvolto da
Apple prima e da Google-Android poi”, continua. Ci sono alcune
analogie con l’Nfc: le applicazioni mobili sono state per anni un
potenziale poco o mal sfruttato dagli operatori mobili, soprattutto
per l’incapacità di fare ecosistema con terze parti (gli
sviluppatori nel caso delle applicazioni; banche e negozi nel caso
dell’Nfc). Gli over the top sono arrivati, con le sinergie
giuste, e si sono presi tutta la torta lasciata incustodita dagli
operatori.
Così, adesso il clima che si respira in Italia si può riassumere
con questo retro-pensiero che corre nelle teste degli operatori
mobili: “prima che gli over the top arrivino anche a casa mia,
introducendo l’Nfc, meglio prepararsi e far partire il mercato,
finalmente”.
C’è ancora tempo, ma non troppo. Google adesso
opera con il proprio servizio Nfc Wallet negli
Stati Uniti, forte di un accordo con Mastercard e
di una buona presa tra i negozi. Spinge però anche per portare il
supporto Nfc su tutti gli smartphone Android, il che avrà un
effetto benefico ad ampio spettro, non limitato a Wallet.
Incentiverà infatti i servizi Nfc di qualsiasi operatore
interessato e spingerà l’integrazione dell’Nfc anche in
cellulari dotati di sistemi operatori diversi da Android. Già
Nokia sta cominciando, dopo mesi di indugi, a
introdurre l’Nfc nei propri modelli di punta (a partire
dall’N9). Juniper Research ha appena dato un
numero a questo rinnovato interesse per l’Nfc: la tecnologia
gestirà 50 miliardi di dollari di transazioni nel 2015, +270% sul
2011 (all’interno del mercato mobile payment, che veicolerà 670
miliardi nel 2015, contro i 240 del 2011). Circa 20 Paesi
lanceranno servizi Nfc nei prossimi 18 mesi, prevede Juniper.
L’ondata è già sbarcata in Europa. Da questa primavera
Orange ha portato l’Nfc in 50mila negozi
britannici, tra cui le catene Pret a Manger, Eat, Subway e
McDonald. O2 (Telefonica) ha detto che farà lo stesso nel
Regno Unito entro quest’anno. La Francia infatti
sta creando un ecosistema di operatori e di banche che adottano
l’Nfc, con la guida del governo e delle municipalità. Il
progetto è partito a Nizza e sarà esteso ad
altre città entro dicembre. “È già un caso di eccellenza.
Altri Paesi, come gli Usa, l’Olanda, la Spagna, lo stanno
studiando per replicarlo”, aggiunge Renga. In
Turchia invece ci sono singoli accordi
operatore-banca per pagare nei negozi o nei mezzi pubblici tramite
comuni cellulari, a cui l’utente aggiunge le funzioni Nfc
attaccando speciali sticker o inserendo memory card dotate di
questo chip.
In Spagna, Telefonica conta di lanciare il
servizio nei prossimi mesi, a partire da
Barcellona, dopo una sperimentazione nella città
di Stiges. In Italia c’è solo la
sperimentazione di Telecom Italia e
Atm, nella metro milanese, dopo che si è chiusa
quella del Credito Valtellinese (era in una
manciata di negozi). “Però ci sono indizi positivi nell’aria e
già da quest’anno le sperimentazioni diventeranno più fattive.
Persino, possiamo sperare nel lancio delle prime offerte
commerciali”, prevede Renga.
L’interesse degli operatori si evince anche indirettamente, del
resto: nell’ambito generale dei servizi di pagamenti mobili,
anche se non Nfc. A giugno ha debuttato infatti
MPay, piattaforma ideata insieme da Tim,
Wind, 3 Italia, Fastweb, Vodafone e Poste Mobile, con la
collaborazione di Engineering e
Reply, per pagare beni digitali con il credito
telefonico. Per l’Nfc, il tassello mancante in Italia, è
l’accordo tra tlc e banche. La stragrande maggioranza di utenti
ha una prepagata e il credito residuo non è adatto a comprare beni
nei negozi (a parte il giornale e il caffè). I servizi dovrebbero
associare quindi, ai chip Nfc, i dati delle carte di credito, “ma
le tlc non hanno le infrastrutture per gestirle – conclude Renga –
e quindi hanno bisogno del supporto delle banche”.