La tecnologia Nfc (Near field communications) a che punto è?
“Ormai è matura, gli ingegneri non pensano più a farla
evolvere. Semmai il problema è a monte e a valle del link radio: i
cellulari, i lettori pos. È su questi aspetti che adesso si sta
lavorando”. Maurizio Dècina, ordinario di Reti
e Comunicazioni al Politecnico di Milano, è comunque ottimista
sulle sorti di questi servizi. “Sta succedendo tutto in questi
giorni, vediamo grandi accordi e acquisizioni. L’Nfc si prepara a
decollare su scala mondiale nei prossimi mesi”.
La tecnologia dunque è matura.
Ormai è consolidata e non cambia nel tempo: è una tecnologia di
trasmissione dati a 13,56 MHz, con distanza massima di 10 cm, per
questo motivo è chiamata comunicazione di prossimità. Ha un
bitrate tra i 106 e i 424 Kbps. Queste specifiche sono punti fermi.
La ricerca ora si concentra sui modi per integrare nell’hardware
il chip “secure element”, per le transazioni mobili.
E in che modo l’industria pensa di
integrarlo?
Ci sono molte possibilità. Lo si può mettere dentro il cellulare,
cioè nel chip baseband abilitato con un driver a livello software.
Ma anche nella sim o nella memory card interna o esterna. Sono
tutte tecnologie mature e credo che si diffonderanno insieme,
parallelamente, anche se per ora si è visto poco. In Italia ci
sono stati tentativi di impiantare i secure element nella sim, con
Noverca e Poste Italiane, anche se non a scopo Nfc, almeno per ora,
ma questi servizi hanno preso poco piede. Ci sarebbe anche
un’alternativa, ipotizzata dalla Gsma: una soft sim card
integrata nell’hardware e dotata anche di Nfc. Ancora non è
stato fatto, però. Credo che la stessa Gsma stia cambiando idea e
pensa ormai che sia più interessante impiantare l’Nfc nelle
normali sim.
Perché una tecnologia matura e così flessibile,
integrabile in tanti elementi hardware, stenta allora a
decollare?
I cellulari abilitati non ci sono o sono molto pochi. E pochi sono
i pos contactless che supportano la tecnologia. Ma la svolta
arriverà con gli abilitatori della tecnologia. Che sono tre: gli
operatori, i circuiti di carte di credito e i costruttori di
interfacce.
E gli abilitatori cosa stanno facendo?
Gli operatori parlano molto ma stanno facendo poco e niente.
Eccetto DoCoMo, che in Giappone ha 50 milioni di utenti con Nfc su
120 milioni di abitanti. E gli operatori francesi, riunitisi con le
principali banche nel progetto Citizy. Ma è ancora poco. Artefici
della svolta sono ora Google – tra i costruttori di interfacce- e i
circuiti di carte di credito.
Questi ultimi come procedono?
Visa, American Express e soprattutto Mastercard stanno facendo
moltissimo. Mastercard sta lavorando per mettere l’Nfc nelle sim,
nelle memory card, nei cellulari. E ha fatto l’accordo con Google
per il servizio Google Wallet. Visa si è mossa prima di tutti, con
due accordi molto importanti. Con Square – che non usa Nfc ma una
tecnologia comunque interessante per pagamenti di prossimità via
cellulare nei negozi – e Playspan, concorrente di Paypal).
A luglio lancerà in Malesia il primo device con Nfc. American
Express ha comprato Serve.com, concorrente di Playspan e ha
investito nella start up Payphone, specializzata in mobile
payment.
Quindi il bilancio qual è?
Che le pedine giuste stanno entrando in gioco. Grazie a Google e al
suo sistema Android, quasi tutti avranno uno smartphone con Nfc. E
se ci credono le carte di credito, il mercato si muove.
Oltre ai pagamenti quali sono le
potenzialità?
La tecnologia abilita anche ticketing e controlli accesso, grazie
ai dati personali contenuti all’interno del chip. L’Nfc può
avere anche una funzione di lettura, per ottenere informazioni
attraverso poster digitali e smart tag e quindi per esempio
consultare, tramite cellulare, il menu di un bar o ottenere un
coupon avvicinando il terminale a una pubblicità. In India, DoCoMo
e Tata hanno lanciato lo smart poster alla fermata dell’autobus
per ottenere gli orari dei mezzi, la programmazione dei film,
pubblicità.La funzione di lettura permette anche di interagire con
strumenti medicali che leggono la pressione, il peso. Ovviamente
queste cose si possono fare anche a distanza tramite wi-fi, ma
servirebbero sensori attivi, più costosi dell’Nfc.
Ha una ricetta per l’Italia?
Un’idea ce l’avrei: il ministro della PA e Innovazione Renato
Brunetta potrebbe imporre a tutti gli uffici pubblici l’adozione
dell’Nfc ad esempio per l’accesso ai tornelli o per
l’acquisto di beni. In questo modo si darebbe slancio alla
diffusione della tecnologia spingendone progressivamente
l’adozione a livello di massa.
FOCUS NFC. Dècina: “Brunetta può fare molto”
Il professore di Reti e Comunicazioni al Politecnico di Milano pone l’accento sul ruolo del settore pubblico: “Obbligare l’uso dell’Nfc per accessi e acquisiti pubblici farebbe da volàno al mercato”
Pubblicato il 18 Lug 2011
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