I servizi Ict sono indispensabili per accrescere l’efficacia
della PA. Parliamo di efficienza e non solo di produttività: la
seconda migliora l’utilizzo delle risorse a parità di servizi
erogati, la prima consente di migliorare la qualità dei servizi
erogati.
La produttività che migliora consente all’ufficio postale
composto di 10 persone, di instradare più lettere, più
raccomandate e di ricevere più pagamenti ed effettuarne di più.
Sono le stesse 10 persone che danno un servizio maggiore.
L’efficacia che migliora vuol dire che non solo la produttività
aumenta, ma che si semplificano le procedure, si riducono i tempi
di attesa, si riducono gli errori. I servizi della PA italiana sono
inadeguati principalmente per la loro scarsa efficacia. Una Asl
perde 5 milioni all’anno di entrate dovute ad autocertificazioni
fasulle: gli assistiti autocertificano di avere redditi esenti da
ticket e la Asl può solo controllare a campione, con costi elevati
e l’impossibilità di riscuotere il dovuto, perché non può
accedere all’anagrafe tributaria o altri data base utili. Non
accede perché nel nostro paese c’è una visione arretrata della
tutela della privacy che ostacola l’interoperabilità tra le
amministrazioni pubbliche e perché mancano gli strumenti e le
procedure di interoperabilità tra le banche dati pubbliche.
Superare questa visione arretrata della privacy e investire in
interoperabilità non migliora solo la produttività ma cambia
radicalmente il processi di controllo, migliora l’efficacia
dell’amministrazione della sanità pubblica, poiché l’elusione
viene controllata non più a campione ma in modo automatico, con
costi di riscossione azzerati: il sistema sanitario nazionale
recupererebbe una cifra intorno agli 800 milioni l’anno su scala
nazionale.
Ict è, oggi, prevalentemente servizio, ossia modalità di
assemblare tecnologie hardware e software per rispondere ad
esigenze di ridisegno della comunicazione tra amministrazioni, tra
queste e cittadini o imprese, tra imprese, tra cittadini. Questi
ultimi sembrano assai pronti ad utilizzare strumenti nuovi
nonostante i problemi di digital divide culturale, anagrafico e
geografico. Ciò significa che sono le imprese e la PA che devono
fare lo sforzo, anche per superare le limitazioni del “capitale
umano”. In primis del proprio capitale umano, che non ha
sviluppato la cultura dell’organizzazione finalizzata al
risultato, misurabile, trasparente. La battaglia del ministro
Brunetta, su questi fronti, è ancora in pieno svolgimento, i
risultati si vedono (informatizzazione della giustizia,
comunicazione digitale tra amministrazione e utenza, Codice
dell’Amministrazione Digitale), il lavoro di ridisegno dei
processi e di semplificazione delle procedure è in gran parte da
compiere.
La centralizzazione è un processo applicato in tutte le grandi
aziende: consente rilevanti risparmi e di sviluppare competenze.
Centralizzazione non significa necessariamente che la soluzione
ottimale sia il main contractor. Anzi, un sano conflitto di
interessi tra progettazione e realizzazione, è utile a creare
presso il cliente una capacità di analisi e monitoraggio critico
dell’offerta e della sua realizzazione.