Con il Piano BUL il goveno italiano è riuscito a mettere in modo l’infrastrutturazione digitale del paese ottenendo risultati senza precedenti: lo ha sottolineato Antonello Giacomelli, sottosegretario di Stato ministero dello Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni, intervenendo a Roma all’evento “Stati generali delle telecomunicazioni, l’Italia alla svolta dell’Ultrabroadband”, organizzato da CorCom con il patrocinio del ministero dello Sviluppo economico-Segretariato alle Comunicazioni. “Solo tre anni e mezzo fa il Rapporto Caio fotografava un paese arretrato, sulla lista nera dell’Itu per la gestione dello spettro, con gravi problemi di interferenze con i paesi vicini. Mentre il mondo parlava di Giga noi eravamo al doppino di rame”.
Il Piano BUL ha ribaltato questo scenario, anche se “siamo in ritardo di quasi un anno”, ha sottolineato Giacomelli, “a causa di un lungo contenzioso, che ci ha fatto perdere tempo e che nasce dal fatto che la forza di conservazione è sempre la più forte in Italia. Ma il piano ne è uscito vincente e confermato a tutti i livelli di giudizio, anche europeo”. E oggi che le telco plaudono al successo del Piano BUL, il sottosegretario non può non ricordare che all’inizio il governo è stato accusato di dirigismo. “Ma ora i risultati parlano chiaro”, ha affermato Giacomelli. “Abbiamo mobilitato risorse pubbliche come mai accaduto, mettendo insieme soldi dello Stato e delle Regioni, superando la precedente frammentazione e convincendo i governatori che il piano sulla fibra deve essere nazionale”. Un Piano che non poteva fare a meno dell’intervento dello Stato, ha proseguito Giacomelli, perché solo così si poteva andare oltre le dinamiche di mercato: “Quando il governo ha chiesto alle telco dove avrebbero investito entro il 2020 è emerso chiaro il rischio di un profondo digital divide, ma noi siamo convinti che cittadini e imprese debbano avere le stesse opportunità ovunque risiedano, non solo nelle grandi città”, ha detto Giacomelli.
Sul 5G il governo ha preso una decisione “politica”. “Non abbiamo aspettato di completare la copertura della banda ultra- larga, ma siamo partiti subito, addirittura in 5 città qundo all’Europa ne bastava una. Ci siamo portati in testa e ora l’obiettivo è fare dell’Italia un hub europeo che sfrutti il nostro talento, la nostra imprenditorialità e la nostra creatività per lo sviluppo e la commercializzazione dei servizi”, ha sottolineato Giacomelli. Per questo il governo ha messo le frequenze a disposizione delle telco gratuitamente per le sperimentazioni 5G, ma a patto che i progetti coinvolgano le università, le aziende, le start-up e i territori italiani. “Non ci accontentiamo di fare i compiti dell’Europa e prendere il 6 della sufficienza”, ha continuato il sottosegretario; “l’Italia vuole essere protagonista, siamo noi che possiamo trascinare l’Europa verso obiettivi più alti”. E dovremo continuare a farlo, perché il Piano BUL, come i progetti sul 5G, non appartengono a una parte politica, ma sono iniziative per il paese.
Che cosa serve ora per andare avanti? Lavorare su tre fronti, secondo Giacomelli. Il primo è un nuovo diritto per l’era digitale: le regole dell’era analogica, dal copyright alle fake news, non sono più adeguate. E si tratta di un nuovo sistema giuridico che andrà stabilito a livello europeo, o internazionale, non solo italiano. Secondo punto: serve una vera unione europea, non solo di mercato. “Dobbiamo avere un unico regime fiscale e stesse regole di mercato ovunque”, ha detto Giacomelli; “serve riconoscere che l’accesso a Internet è un servizio universale e va regolato dalle authority che instaurano relazioni con tutti i soggetti del mondo Internet, compresi gli Ott“. Infine, Giacomelli ha ricordato l’importanza del dialogo tra Unione europea e Stati Uniti: su temi chiave del digitale come net neutrality, privacy e gestione dei dati occorre seguire una linea comune e condivisa.
No però a un’Europa fatta solo di regole: “Su Netflix abbiamo scelto di chiedere una quota di contenuti Made in Europe. Ma dobbiamo andare oltre le trincee: creiamo il nostro Netflix europeo anziché mettere paletti”, ha affermato Giacomelli. “Non credo nell’Europa delle regole contrapposta agli Stati Uniti dell’innovazione, sarebbe una strategia perdente. L’Europa però deve imparare a procedere più unita”.
Dal sottosegretario alle comunicazioni un solo cenno alla questione Tim, Vivendi e golden power: “Se non riguarda la politica industriale ma la sicurezza nazionale non spetta a me la risposta: è un tema per il presidente del Consiglio”.