“Infrastrutturazione ultrabroadband italiana: siamo consapevoli dei molti passi in avanti. Ma dobbiamo guardare al lungo termine, anche per capire cosa abbiamo fatto bene e cosa invece va cambiato”, ha esordito così Pietro Guindani, Presidente di Vodafone Italia, parlando alla tavola rotonda La fine del digital divide infrastrutturale – Ultrabroadband: piani, realizzazione, domanda del mercato che si è tenuta oggi a Roma in occasione del convegno Stati generali delle Telecomunicazioni – L’Italia alla svolta dell’ultrabroadband. Guindani ha ricordato che effettivamente ormai il 70% delle famiglie italiane è raggiunto dalla connessione a banda larga (contro la media Ue del 75%). “Ma non conta solo la copertura, serve anche la qualità della connessione e soprattutto il tasso di adozione. Oggi solo il 50% degli utenti raggiunti l’ha adottata. Abbiamo cambiato marcia, ma la strada da fare è molta”. Secondo Guindani, il motivo per cui si è accumulato questo ritardo in Italia è l’assenza storica di competizione strutturale nelle reti fisse, competizione che invece ha sempre caratterizzato i mercati di Francia e Germania. Passando alle considerazioni sul piano Bul, il presidente di Vodafone l’ha definito “giustamente ambizioso, perché ha fornito le premesse per la creazione di un network sharing, a cui aderirermo come clienti all’ingrosso. Ora bisogna rispettare le tempistiche, che sono essenziali in quanto l’offerta traina la domanda: la realizzazione delle infrastrutture non è più un atto di fede”. Da questo punto di vista Guindani ha precisato che i piani di business di Vodafone sono agganciati ai piani operativi di Open Fiber, e che la prospettiva per tutte le telco, soprattutto se si considera anche l’imminente arrivo del 5G, evolve da una logica in cui B2B e B2C erano attività separate a un approccio al mercato B2B2C in una moltitudine di aree, come del resto sta dimostrando la sperimentazione sul 5G nell’area metropolitana di Milano, progetto coordinato proprio da Vodafone.
Guindani ha infine citato la regolamentazione: “Parlando dell’asta sul 5G, ci aspettiamo equilibrio nelle regole. Ma più in generale attenzione a quel triangolo fondamentale per lo sviluppo del mercato: regolamentazione, competizione, investimenti. La competizione non deve essere né insufficiente, ma neanche eccessiva. Altrimenti ci sono vantaggi di breve periodo che però inaridiscono la capacità di autofinanziamento delle imprese. Dal 2010 al 2017 le telco sono state l’unico settore con prezzi mediamente in calo del 18%. Radiomobile. Abbiamo perso un quarto del fatturato e un terzo di capacità di autofinanziamento. E nonostante questo abbiamo continuato a investire”. Sul tema delle irradiazioni elettromagnetiche, Guindani ha auspicato un adeguamento italiano alla disciplina europea.
Anche Massimo Angelini, Direttore Pr internal & external communication di Wind Tre ha posto l’accento sulla necessità di continuare a implementare il network: “Wind Tre oggi è impegnata in un processo di modernizzazione della rete, sono in programma investimenti per 6 miliardi di euro nei prossimi cinque anni in infrastrutture digitali. Se guardiamo al 5G il segnale che ha dato il Governo nell’immaginare il nuovo modello, con sperimentazioni in cinque città, che coinvolgono Wind Tre a Prato e L’Aquila, è estremamente importante. L’obiettivo che abbiamo insieme ai nostri partner è di costituire un ecosistema forte, al quale possano contribuire tutti i player, grandi a piccoli”. Sul bando dell’asta frequenze, Angelini concorda con Guindani: la questione da mettere sul tavolo è il tema dei vincoli elettromagnetici. Il governo ha cercato di dare un’accelerazione, perché è una questione chiave che va risolta, fondamentale per realizzare un’infrastruttura 5G capillare”. Una ulteriore riflessione è legata allo sviluppo dei servizi e delle applicazioni, “su cui registriamo una situazione importante di spinta da parte di diversi attori, ma come operatori di rete ci poniamo la questione che vogliamo giocare in un campo in cui la partita sia con le stesse regole rispetto agli Ott: c’è da trovare un giusto bilanciamento che livelli il campo di gioco”. Angelini ha concluso dicendo che la digital economy potrà crescere solo in un contesto di skill e competenze diffuse: “Per svilupparle, è ormai chiaro, servono investimenti”.
La spinta ad andare avanti, per valorizzare il piano Bul, che funziona, arriva anche da Tiziana Talevi, Direttore affari regolatori di Fastweb. Talevi valuta molto incoraggiante il dato sulla crescita della domanda in Italia: “Questo è un successo dovuto all’impegno congiunto di tutti gli stakeholder: operatori privati, istituzioni e anche regolatori, perché la politica regolamentare ha cercato di favorire la concorrenza”. Come rilevato nell’ultimo rapporto Agcom, i collegamenti con tecnologia Fttc-Ftth hanno registrato un aumento di 1,67 milioni di utenze, raggiungendo la quota di 4,4 milioni complessivi. “Merito della concorrenza infrastrutturale”, ha concluso la Talevi, che ha permesso una capillare copertura con le reti a banda larga e ultralarga. “”Gli operatori hanno messo in campo ingenti investimenti”, ha sottolineato la top manager Fastweb; gli abbonamenti alla fibra ultra-veloce stanno arrivando: “Dobbiamo proseguire su questa strada”.