L’industria delle telecomunicazioni si trova davanti a sfide imponenti. Le aziende – tanto gli operatori quanto, a parte qualche rara eccezione, i fornitori di apparati – vengono da anni di contrazione dei ricavi e da guerre dei prezzi che hanno dato un forte contributo al contenimento dell’inflazione ma non hanno certo gonfiato i bilanci. Anzi, sono state alla base di drastiche riorganizzazioni, assai pesanti anche per l’occupazione.
Il 2017, tuttavia, è stato un anno di svolta. E non solo perché i numeri delle aziende sono finalmente tornati a girare in positivo, sia pur ancora timidamente.
Il fatto più significativo è rappresentato dalla partenza degli investimenti nella banda ultralarga fissa. Sforzi molto importanti sono stati annunciati e già messi in campo.
Basti pensare al piano Bul con la sua mole di finanziamenti pubblici per portare la banda ultralarga nelle aree a fallimento di mercato. Si tratta di aree individuate in più di 7.000 comuni, comprese – a macchia di leopardo – anche realtà urbane dove non te lo aspetteresti.
In queste aree verrà stesa una rete in fibra ottica pubblica data in concessione per 20 anni ad un operatore “nuovo entrante” come Open Fiber che si è aggiudicato i due bandi più importanti per la realizzazione del nuovo network da mettere a disposizione di tutti a parità di condizioni.
Vinte le gare nelle aree a fallimento di mercato, Open Fiber ha annunciato importanti investimenti anche nelle aree grigie e nere dove replicherà il suo modello wholesale only.
Proprio l’entrata nella piena operatività di Open Fiber che questa rete dovrà realizzare e il conseguente avvio dei cantieri nelle aree a fallimento di mercato segnano simbolicamente la nuova stagione che si è aperta nel 2017 e che, c’è da augurarsi, procederà spedita e con impulso ancora maggiore nel 2018.
Protagonisti di questa nuova fase sono anche gli operatori di tlc tradizionali come Tim e Fastweb che hanno annunciato anch’essi importanti investimenti per realizzare i nuovi network in fibra nelle aree di mercato.
Rispetto al passato, si evidenzia una nuova consapevolezza sull’importanza delle reti ottiche. Pur se permane il grande interrogativo sulla effettiva sostenibilità economica di due network ottici in competizione fra loro.
All’orizzonte ci sono poi le gare per le frequenze 5G e l’impegno negli investimenti nelle nuove reti mobili per i quali le telco dovranno trovare risorse ma anche business model adeguati.
Le gare per l’assegnazione delle frequenze 5G dovrebbero essere bandite il prossimo anno. O almeno è quanto è stato fissato dalla legge di Stabilità 2018.
Le telco e le aziende fornitrici di tecnologie stanno guardando a nuovi business model capaci di remunerare gli investimenti nei network ultraveloci.
Le nuove reti, fisse e mobili, sono sempre più integrate e indistinguibili all’utente finale. Esse significano non solo trasporto di bit ma l’opportunità di offrire nuovi servizi, anche in una logica di convergenza fra settori, con la creazione di ecosistemi fra industrie verticali che prima non si parlavano. Reti in fibra ottica e 5G sono dunque due facce della stessa medaglia, un unico network integrato.
SI tratta di nuove sfide che vedono protagoniste in primo piano le telco, ma che vedranno scendere in campo anche multinazionali Ott e nuovi attori. Lo scenario competitivo si complica e chiama le autorità di regolazione a nuovi compiti.
Le sperimentazioni del 5G vedono l’Italia unico Paese europeo protagonista in ben 5 città. Anche questa è una novità che ci ha portato il 2017. Gli altri Paesi europei ne hanno una sola a testa. Potrebbe essere questo il volano per un salto di qualità che ci può portare all’avanguardia in Europa come la telefonia mobile già ci ha visti in passato.
Sarà però decisivo che proceda spedita, ed anzi acceleri, la spinta verso la rivoluzione digitale del Paese, delle sue imprese, della sua amministrazione pubblica, delle competenze e della mentalità dei suoi cittadini.
Non possiamo ignorare che molti ostacoli sono ancora da superare, a partire dalle innumerevoli trafile burocratiche per permessi e autorizzazioni agli scavi e alla posa delle nuove reti. La burocrazia deve supportare gli investimenti non rallentarli. Come purtroppo accade troppo spesso.
Abbiamo i limiti alle diffusioni elettromagnetiche più rigidi d’Europa: potrebbero rivelarsi un ostacolo drammatico per il dispiegamento delle celle 5G, in particolare per i servizi di Iot.
Eppure, se guardiamo indietro, molti passi avanti sono stati compiuti nel 2017. Soltanto un anno fa il leit-motiv delle nuove reti ultrabroaband fisse e mobili era: “bisogna partire”. Ora si è partiti. Il tema è diventato: “accelerare”. Le telco stanno facendo la loro parte. Ma la gigabit society è un ecosistema globale che vede vedere tutti coinvolti nella sua realizzazione. Imprese, politica, istituzioni, cittadini.
Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha ripetuto in più occasioni che le reti ultrabroadband sono un servizio universale, una condizione del vivere contemporaneo come nel secolo scorso lo sono state le ferrovie, l’elettricità, l’acqua potabile, il telefono.
È difficile dargli torto. Ma proprio per questo è necessario che sia l’intero Paese ad impegnarsi verso la realizzazione della gigabit society. Un obbiettivo per la legislatura che si apre con le elezioni dell’anno prossimo. Da condividere tutti, indipendentemente da chi sarà chiamato a governare.