Ngn, le Regioni bacchettano il governo: “Urge una strategia”

I governatori rilevano la mancanza di ogni riferimento all’implementazione delle reti nell’ultimo decreto sviluppo: “L’Italia deve diventare una fiber nation. Mettiamo a fattor comune gli investimenti”

Pubblicato il 25 Lug 2011

La Conferenza delle Regioni bacchetta il governo sulla banda larga.
E lo fa sottolineando la mancanza nel decreto sviluppo (dl 70 del
13 maggio 2011) di ogni riferimento all’implementazione delle
reti. “In merito alla banda larga – si legge nel parere
espresso dalle Regioni – il nostro Paese sconta dei ritardi
strutturali in termini di sviluppo della rete, che hanno reso anche
l’obiettivo minimo (la banda larga universale) un obiettivo
troppo impegnativo nel termine del 2010, e ora impongono con
urgenza una strategia per la realizzazione di una moderna
infrastruttura di rete in fibra ottica in grado di portare la banda
ultra larga in tutte le zone del Paese”.

Secondo i governatori per risolvere la questione serve un approccio
approccio integrato e sistemico: da un lato occorre intervenire per
azzerare in tempi brevi il digital divide infrastrutturale,
dall’altro occorre ragionare per realizzare una rete Ngn (Next
Generation Network) in fibra ottica per non trovarsi impreparati al
futuro e rendere anche il nostro Paese una “fiber nation” sulla
scorta delle economie più avanzate.

“Anche qui è necessario lavorare congiuntamente in modo da
mettere a fattor comune investimenti e progetti per colmare i
ritardi nella copertura della rete nelle diverse aree del Paese al
fine di accrescerne la competitività – prosegue il documento –
Anche in materia di ricerca è necessario assicurare un
coinvolgimento ampio e diretto di tutti gli attori rilevanti nelle
scelte e nei processi decisionali”.

Dal testo emerge l’esigenza di una strategia pluriennale e di una
prospettiva di medio-lungo periodo che dia certezza degli
interventi e delle risorse.  “Gli investimenti pubblici per
ricerca ed innovazione non sono ancora adeguati: essi non
incentivano l’autofinanziamento privato sia perché mancano
strumenti idonei alle esigenze delle Pmi, sia perché la
complessità procedurale e burocratica funge, in molti casi, da
barriera insormontabile. Le politiche di ricerca e formazione
devono valorizzare adeguatamente le eccellenze e le competenze
delle istituzioni scientifiche, promuovendo la qualificazione
professionale del capitale umano”.

Per quanto riguarda l’innovazione “è necessario che il sistema
pubblico nelle sue diverse articolazioni la incoraggi e per essere
esso stesso espressione di innovazione, facendo leva su alcune
buone pratiche quali, ad esempio, il pre-commercial
procurement”.

Focus anche sui distretti tecnologici che dovrebbero diventare il
fulcro del decreto. “I distretti consentono, infatti, di disporre
di laboratori e piattaforme tecnologiche aperte a tutti i centri e
le imprese del territorio, favorendo così la collaborazione
coordinata in ambito intra-regionale ed evitando duplicazioni degli
investimenti in strumentazione e attrezzature di punta presso
singole istituzioni – concludono le Regioni – In tal modo, i
distretti possono essere i soggetti promotori di siti strategici
per la costruzione di infrastrutture di ricerca di interesse
pan-europeo o globale. Per superare il localismo, i distretti
tecnologici dovrebbero dunque essere inseriti in reti nazionali ed
internazionali diventando così i nodi territoriali che permettono
di rafforzarne la competitività su di una scala più ampia,
favorendo i processi di internazionalizzazione delle imprese
realizzando sinergie tra settori industriali diversi sugli stessi
ambiti tecnologici”.

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