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Web tax europea dal 2020, ecco il Piano Ue

Raggiunto l’accordo di massima tra Commissione ed Europarlamento: imposta sui profitti generati a livello Ue per le multinazionali del digitale. Allo studio deroghe per le piccole imprese. La riscossione avverrà a livello centrale, niente ripartizione tra gli Stati membri

Pubblicato il 28 Dic 2017

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Sarà Bruxelles a riscuotere la web tax comunitaria dalle multinazionali del web che operano nel mercato Ue. A spiegare come funzionerà la tassa a cui stanno lavorando Commissione ed Europarlamento è Daniele Viotti, eurodeputato del Pd e membro della commissione Bilanci Ue. Si punta a far pagare un’imposta sui profitti a tutte le società che operano nel digitale e che rispondono ad alcune caratteristiche. “I parametri – assicura il deputato – saranno creati ad hoc per evitare di danneggiare le piccole imprese”.

L’obiettivo è quello di colpire solo i colossi che grazie ai paradisi fiscali – “anche europei”, ammette Viotti – evadono le tasse. Una volta che l’imposta entrerà in vigore Facebook, Amazon & co avranno solo un interlocutore – la Ue appunto – e tutte le norme nazionali in materia decadranno.

“I ricavati della tassazione – prosegue Viotti – non saranno ripartiti tra gli Stati membri ma saranno di proprietà esclusiva della Commissione che li metterà a bilancio come risorse proprie”.

“La normativa – conclude – costringerà le web company a pagare la giusta quantità di tasse sul ricavato a livello Ue”. Il progetto prenderà forma nel Bilancio 2020.

Se la Ue rispetterà la tabella di marcia in Italia la web tax “nazionale” resterà in vigore solo un anno, dato che partirà nel 2019.

La web tax, con aliquota al 3%, verrà pagata dalla aziende, residenti o meno in Italia, che effettuano prestazioni nei servizi nei confronti di soggetti passivi italiani (società, imprese e professionisti) ma non si applicherà all’e-commerce e alle cessioni di beni.

Sarà applicata come ritenuta alla fonte sulle transazioni e colpirà solo i soggetti che effettuano oltre 3mila transazioni di servizi nell’anno solare. Scompaiono sia le comunicazioni all’Agenzia delle Entrate e dunque lo spesometro per tracciare le imprese digitali, sia il credito d’imposta riconosciuto alle imprese residenti per evitare doppie tassazioni e scompare anche il ruolo di sostituti d’imposta a carico delle banche. Non saranno comunque penalizzate le piccole imprese in contabilità semplificata e i cosiddetti minimi. L’entrata in vigore resta fissata al 1° gennaio 2019 e, con l’addio al credito d’imposta, il gettito già stimato in 114 milioni al senato aumenta di altri 76 milioni. Servirà però un decreto attuativo del Mef a definire quali servizi saranno tassati o meno.

Si stiama un gettito di circa 190 milioni di euro dal 2019 (anno di avvio della tassazione).

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