FISCO

Apple patteggia col Fisco britannico e sborsa 137 milioni di sterline

La cifra tiene conto di tasse e interessi non versati per sette anni. Resta in sospeso il pagamento di 13 miliardi di euro al fisco irlandese, come chiesto dalla Commissione Ue, mentre si moltiplicano le class action sugli iPhone “rallentati”

Pubblicato il 12 Gen 2018

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Apple ha acconsentito a pagare 137 milioni di sterline per saldare il suo “debito” col fisco britannico: la sussidiaria del colosso americano con sede nel Regno Unito ha raggiunto un accordo con l’agenzia delle entrate, Hm Revenue and Customs (Hmrc), sborsando un “corporate income tax adjustment”, ovvero una correzione sull’imposta sul reddito aziendale, per coprire le tasse e i relativi interessi non versati per sette anni fino a settembre 2015. Il pagamento è l’esito di un’estesa audit condotta dalla Hmrc ed è solo un assaggio di quanto potrebbe spettare ad Apple in Europa: la Commissione europea ha calcolato che il colosso hitech americano deve restituire 13 miliardi di euro al fisco dell’Irlanda.

Il Guardian spiega che Apple opera in Uk con due filiali, Apple Europe, che fornisce servizi finanziari e di marketing, e Apple Retail Uk, che gestisce i negozi online e fisici di Apple nel Regno Unito. Apple Europe ha riportato un utile pre-tasse di 297 milioni di sterline nei 18 mesi terminati il 1 aprile 2017 e pagato tasse per 57 milioni di sterline nello stesso periodo; a ciò si uniranno i 137 milioni pregressi. Apple Retail Uk ha invece un utile pre-tasse di 17,6 milioni di sterline e un fatturato di 1 miliardo di sterline nei 12 mesi terminati a settembre 2016 e ha pagato 13,8 milioni di sterline di tasse, secondo le cifre del quotidiano britannico.

Per Apple la “correzione” si deve all’aumento del suo business e “come conseguenza, d’ora in poi i versamenti di Apple sul reddito d’impresa saranno maggiori”. Apple sostiene di pagare in media globalmente una corporate tax del 21% e di essere “il più grande contribuente del mondo”, avendo versato 35 miliardi di dollari di tasse sui suoi utili negli scorsi tre anni. “Sappiamo che il pagamento delle tasse ha un ruolo fondamentale nella società. Apple paga tutto quanto dovuto in base alle leggi fiscali dei paesi in cui opera e, come grande multinazionale, è sottoposta a regolari controlli da parte delle autorità fiscali di tutto il mondo”, ha indicato ancora Cupertino.

Nel 2016 la Commissione Ue ha decretato che l’Irlanda, dove Apple ha i quartieri generali europei, ha concesso alla Mela un illecito aiuto di Stato permettendole di pagare una corporate tax di appena l’1% e ha chiesto il pagamento degli arretrati. L’Irlanda ha presentato appello contro la decisione e quindi Apple non ha ancora versato la somma dovuta. Nel frattempo Cupertino deve occuparsi di una questione più urgente: le class action – ormai salite a 32 – presentate negli Stati Uniti contro l’azienda per aver rallentato le prestazioni degli iPhone più vecchi senza informare i consumatori. Anche in Sud Corea i consumatori si stanno organizzando, tramite l’associazione Citizens United for Consumer Sovereignty, per muovere una causa collettiva contro Apple, chiedendo un risarcimento procapite di 2,2 milioni di won, circa 1.700 euro.

L’azienda americana ha ammesso di aver rallentato gli iPhone per evitarne il crash, visto che le batterie non sono adeguate a sostenere operazioni che necessitano alta potenza di calcolo, e ha drasticamente scontato i prezzi delle batterie (da 89 a 29 euro) per permetterne la sostituzione. Ma per ora le manovre di Cupertino non sono sufficienti: in Francia la procura di Parigi ha già aperto un’indagine per “truffa” e “obsolescenza programmata”.

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