Oltre 6mila – 6.500 per l’esattezza – uscite volontarie e duemila assunzioni a fronte di solidarietà espansiva. E’ questo il fulcro del piano che Tim ha presentato ai sindacati. Delle 6500 uscite 4mila saranno prepensionamenti nel 2018, aumentabili a 5mila, in base a quanto stabilito dall’articolo 4 della legge Fornero. La norma prevede che “nei casi di eccedenza di personale, accordi tra datori di lavoro che impieghino mediamente più di quindici dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale possono prevedere che, al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori più anziani, il datore di lavoro si impegni a corrispondere ai lavoratori una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, ed a corrispondere all’Inps la contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento”.
Le altre 2500 uscite saranno esodi incentivati da spalmare nel trienno 2018-2019-2020. Le 2mila assunzioni saranno fatte a fronte della solidarietà espansiva di circa 20 minuti al giorno su tutti dipendenti. A regime il piano dovrebbe generare risparmi per 400milioni. I tagli fanno parte del piano industriale che l’Ad, Amos Genish, presenterà al cda del 6 marzo.
Sempre nell’ottica di accompagnamento al piano di trasformazione digitale dei processi, l’azienda ha individuato un corposo piano di formazione/riqualificazione professionale anche in relazione a processi di reinternalizzazione di attività che interesseranno tutti i dipendenti.
I sindacati hanno dichiarato la propria “disponibilità al confronto di merito fermo restando la necessità di approfondimenti e risposte adeguate su tutte le tematiche, ivi incluso la strategicità della tenuta del perimetro aziendale a partire dalla rete e livelli idonei degli investimenti atti sostenere credibilmente il piano strategico 2018-2020″, si legge in una nota congiunta di Slc, Fistel e Uilcom.
“Gli strumenti di esodo volontario, fermo restando i necessari approfondimenti, appaiono in prima analisi insufficienti a garantire un’adeguata tutela del personale coinvolto – dicono i sindacati – In tale contesto di confronto, è imprescindibile riaffermare e condividere risposte positive che, coerentemente con le attuali politiche contrattuali, concretizzino il secondo livello di contrattazione per i dipendenti di Tim”.
“Slc, Fistel e Uilcom nell’evidenziare che molto dipenderà dalla qualità delle effettive disponibilità che l’azienda manifesterà al tavolo, pur confermando il loro impegno ad un confronto serrato – concludono – hanno altresì precisato che la grande complessità delle tematiche esposte ed i passaggi democratici necessari non possono essere bypassati da una scadenza imposta unilateralmente dall’azienda, pena il rischio di insuccesso del negoziato con le relative conseguenze”.
Dubbi sul piano tagli sono sollevati anche da Asati, l’associazione dei piccoli azionisti di Telecom. “Dobbiamo recepire ed esaminare con attenzione le notizie che compaiono dopo l’incontro tra Tim e i sindacati. Dal nostro punto di osservazione alcune questioni oggettive solleciteranno opportune riflessioni. A due anni dall’insediamento dell’azionista di controllo viene presentato un taglio fino a un quarto della forza lavoro e interventi in termini di nuove assunzioni che sembrano potenzialmente poche “briciole” e tutto questo non apparirebbe collegato ad un Piano Industriale di cui avremo contezza solo a marzo 2018 – si legge in una nota – Ci chiediamo: questi consistenti tagli a cosa sono dovuti in una società in utile? Sul piano della formazione, dell’adeguamento delle conoscenze “digitali” rileviamo nobili intenti che tuttavia vanno in contrasto con la chiusura, a nostra visibilità, della Funzione di formazione interna denominata HR Services, risorse alcune di eccellenza e di interesse anche di società estere. Per i dipendenti “anziani”, sono certamente positive le iniziative finalizzate ad accompagnare l’uscita dall’Azienda ma ci chiediamo se queste modalità intaccheranno di fatto il tessuto professionale di questa azienda e se ciò determinerà una concreta perdita di valore nello svolgimento delle attività e funzioni complesse dei vari processi dell’azienda”.Tim conta ha 50.307 dipendenti nella business unit domestic contro i 50.527 del giugno 2016, in calo di 220 unità: l’uscita di altri 7.500 dipendenti si tradurrebbe in un 15% in meno dell’organico del gruppo.