Facebook riconosce le sue responsabilità nella campagna elettorale americana del 2016 che ha portato all’elezione di Donald Trump, ammettendo di non essere riuscita a evitare che la sua piattaforma fosse sfruttata per la diffusione di notizie false con cui governi stranieri hanno cercato influenzare il voto sul nuovo presidente degli Stati Uniti.
In un blog post significativamente intitolato “Social media e democrazia” firmato da Katie Harbath, Global Politics and Government Outreach Director di Facebook, e da Samidh Chakrabarti, Facebook Product Manager, Civic Engagement, l’azienda di Mark Zuckerberg fa un’autovalutazione molto critica sugli effetti della propria piattaforma sulla democrazia americana. Chakrabarti afferma che le elezioni presidenziali hanno spinto Facebook a porsi una “domanda scomoda” sul suo ruolo nella diffusione di informazioni false e nell’esacerbazione del clima politico e delle divisioni interne al paese.
“Facebook è stato creato per mettere in contatto amici e familiari e in questo è un prodotto eccellente”, scrive Chakrabarti. “Ma poiché le persone usano Facebook anche per parlare di politica, la nostra piattaforma ha assunto utilizzi inattesi con ripercussioni sulla società che non avevamo previsto. Nel 2016, noi di Facebook siamo stati troppo lenti nel riconoscere l’attività di alcuni cattivi soggetti che hanno abusato della piattaforma. Stiamo lavorando diligentemente per neutralizzare questi rischi”.
Nei giorni scorsi Zuckerberg ha annunciato un passo indietro sulla pubblicazione delle notizie su Facebook, indicando che vedremo “meno contenuti pubblici – tra cui notizie, video e post dei brand”. Sulle notizie, Zuckerberg ha indicato che ne sarà valutata l’affidabilità: “Per assicurarci che le news siano di qualità, ho chiesto ai nostri product team di essere sicuri che il gruppo dia priorità a notizie affidabili, capaci di informare e locali”. “C’è troppo sensazionalismo, disinformazione e polarizzazione nel mondo di oggi”, ha affermato Zuckerberg. L’affidabilità delle notizie sarà però decisa dagli utenti stessi, una strategia che, osservano diversi analisti, potrebbe non sanare del tutto le problematiche del social network da 2 miliardi di utenti.