IL CASO

Enel dice no al bitcoin: “Utilizzo intensivo di energia non è sostenibile”

La società smentisce le voci circolate su un possibile accordo con Envion per l’alimentazione delle attività di mining della società svizzera: “Dopo approfonditi studi riteniamo che questa attività non sia in linea con il nostro modello si business”. Samsung si butta nella mischia: pronta a realizzare chip per il mining

Pubblicato il 01 Feb 2018

bitcoin

Enel chiude la porta a una eventuale attività di vendita della propria energia finalizzata al mining delle criptovalute. Dopo le indiscrezioni circolate nelle ultime ore, la società elettrica mette la parola fine ai rumors ammettendo di aver studiato attentamente la possibilità e di aver alla fine preferito, considerati i pro e i contro, non entrare in questo mercato.

“Dopo approfonditi studi ed analisi – si legge in una nota della società guidata da Francesco StaraceEnel è giunta alla conclusione di non nutrire interesse alcuno per la vendita di energia destinata ad attività di mining di criptovalute. Il Gruppo ha avviato un chiaro percorso di decarbonizzazione e di sviluppo sostenibile – conclude il comunicato – e ritiene che l’uso intensivo di energia per il mining di criptovalute sia da considerare pratica non sostenibile e non in linea con il modello di business che il gruppo sta realizzando”.

Le voci che si erano diffuse negli ultimi giorni davano per possibile e imminente un accordo con la compagnia di criptovalute svizzera Envion, al Quale Enel avrebbe potuto fornire la propria energia rinnovabile per le attività di mining. Senza confermare direttamente la trattativa, Envion aveva già reso noto di voler valutare le condizioni e le location in cui collocare le proprie strutture, anche in base alle condizioni offerte dai fornitori di elettricità.

Ad agganciare il treno bitcoin è Samsung. Secondo indiscrezioni del sito The Bell l’azienda sudcoreana sarebbe al lavoro su un chip per produrre la criptovaluta. Non è chiaro però se si occuperà solamente della produzione dei processori (gli Asic) oppure della produzione di una linea di prodotti completa. La produzione dei chip sarebbe stata commissionata da una realtà cinese.

La mossa di Samsung è in controtendenza con il parere del governo sudcoreano che proprio di recente ha dichiarato di voler vietare lo scambio di criptovalute, mentre la polizia e le autorità fiscali del paese hanno messo nel mirino le piattaforme di scambio locali con vere e proprie ispezioni per presunta evasione fiscale.

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