Le competenze digitali? Si imparano già dalle elementari. Succede alle scuole Faes di Milano dove, in controtendenza con la didattica italiana tradizionale, da alcuni anni il creative coding e la robotica sono materia di studio curricolare fin dai 7 anni. “Non puntiamo certo a fare uscire dalle nostre scuole dei programmatori – spiega Sam Guinea, collaboratore del Faes responsabile del progetto -. Intendiamo invece potenziare già nei bambini il pensiero computazionale facendo riferimento al linguaggio informatico, ma ciò è importante indipendentemente dalla carriera professionale che si sceglierà un giorno, perché ha a che vedere in generale con il problem solving”.
Un’isola nel panorama scolastico ancora impreparato ad affrontare le sfide che arrivano dalla digital transformation. E che già oggi lasciano sul campo una moltitudine di posti di lavoro vacanti. In Italia solo il 5% dei laureati che escono dalle università italiane hanno competenze digitali e imprenditoriali che li rendono pronti al futuro. E 3 responsabili delle risorse umane su 4 non riescono a trovare risorse formate dal punto di vista tecnologico: emerge dalla ricerca University2Business, società del Gruppo Digital360, secondo cui una fetta ancora troppo grande dei giovani italiani è inconsapevole di quanto il digitale stia trasformando la cultura aziendale, i processi e i modelli di business, un gap che il sistema scolastico non sta affatto colmando.
Il Faes è un’associazione nata nel 1974 per promuovere la collaborazione educativa tra scuola e famiglia. A Milano gestisce scuole paritarie dall’asilo nido ai licei (classico, scientifico e delle scienze umane), tutte bilingue italiano-inglese e imperniate su un modello didattico che vede, tra l’altro, la centralità delle soft skills considerate al pari di qualsiasi altra materia di studio. All’interno delle soft skills rivestono un ruolo prioritario il creative coding e la robotica.
Con il coding, spiega ancora Guinea, “un problema complesso va analizzato in maniera critica e scomposto in problemi più piccoli in modo da individuare cosa sia fondamentale e cosa no, e quali di questi sotto-problemi siano già stati in qualche modo risolti, da noi o da altri, in modo da adattare e riutilizzare la soluzione. Esponendo i ragazzi al creative coding si insegna loro il valore della sperimentazione e del “fallimento”, che è parte integrante e naturale del processo, e a non arrendersi se all’inizio la soluzione proposta non funziona. Un secondo obiettivo non meno importante è rendere i ragazzi consapevoli della crescente pervasività dell’informatica nella società, in modo che sappiano leggere e capire il mondo che li circonda”.
Tutto questo in un contesto ludico: dalla seconda classe della scuola primaria vengono svolti laboratori settimanali di un’ora utilizzando il programma Scratch, che nasce con l’intento di aiutare i bambini a imparare a programmare attraverso il gioco e la creatività; si tratta di un linguaggio grafico semplice con cui realizzare storie animate, piccoli giochi, progetti di scienze, tutorial di trigonometria, biglietti di auguri animati. I piccoli imparano a risolvere i problemi attraverso la creazione di semplici algoritmi, ovvero attraverso la combinazione di un numero determinato e finito di passi elementari. Questo aiuta a sviluppare in loro un processo di “progettazione”, sperimentando, “leggendo” soluzioni pre-esistenti e a riadattandole al proprio problema, trovando gli errori quando le cose non vanno, in genere ragionando.
Nelle classi della secondaria di primo grado, invece, le lezioni di coding vedono l’affiancamento del docente di educazione tecnica: attraverso linguaggi adatti a sviluppatori alle prime armi, come Scratch prima e Python poi, gli studenti arrivano a progettare e a realizzare interamente semplici videogiochi, affrontando logiche algoritmiche più complicate rispetto a quelle viste negli anni precedenti, e si confrontano con la robotica e la sensoristica.
Stesso approccio riproposto agli studenti dei Licei Faes, per i quali è stata inserita una specifica materia denominata “Digital”. I corsi di potenziamento digitale si concentrano sull’insegnamento delle proprietà fondamentali dall’algoritmica e consistono in un mix di lezioni tradizionali e di didattica progettuale da svolgere in laboratorio: gli studenti dovranno infatti essere in grado di realizzare semplici progetti di artigianato digitale che coinvolgano elementi di informatica, di robotica e di circuiti elettrici.
Due i corsi di potenziamento digitale previsti. Uno riguarda i Raspberry Pi, veri personal computer dalle dimensioni leggermente più grandi di una carta di credito che sono sempre più utilizzati nella realizzazione di progetti di Internet of Things: gli studenti dovranno imparare alcuni semplici elementi di circuiti elettrici per poter includere nei loro progetti dei sensori (ad esempio di luminosità, di temperatura, di prossimità) e degli attuatori (ad esempio motori, strisce led). L’altro invece si concentra sullo sviluppo di progetti di robotica, di cui vengono esplorati alcuni degli algoritmi tradizionali: i robot sono realizzati programmando i Lego Mindstorm attraverso l’uso di Python e resi in grado di affrontare alcune “sfide”, come uscire in maniera autonoma da un qualsiasi labirinto o realizzare semplici bigliettini su carta in base a un insieme di istruzioni forniti dall’utente.