“L’impegno dei governi Renzi e Gentiloni per la banda ultralarga è sicuramente di un impegno da proseguire anche da guiderà il Paese dopo le elezioni”, osserva Maurizio Desiderio, country manager F5 Networks Italia e Malta – È ormai evidente come tutto il mercato, a livello mondiale, si stia spostando in questa direzione ed essere “superconnessi”, ottenendo maggiore velocità e affidabilità, è norma ormai in molti Paesi e un’esigenza comune dalla quale non possiamo prescindere.
Alla banda ultralarga sono state destinate molte risorse pubbliche attraverso Infratel. Si tratta di andare avanti sulla via indicata dalla legislatura appena finita o è necessario un ripensamento, magari con un ruolo più significativo dei privati rispetto al pubblico?
Spesso e volentieri le risorse ci sono, ma da cittadino direi che quello che a volte manca è una vera volontà e una strategia concreta che porti a definire le priorità in modo specifico. Servono, infatti, pianificazione, precise istanze e proposte operative. Sia che si tratti di Infratel o di altri attori, pubblici e privati, credo sia necessaria una volontà comune e una reale partecipazione di tutti, in modo da sfruttare strumenti, competenze e talenti che in buona parte il nostro Paese già possiede.
Che pensa dell’affermazione di Gentiloni per cui Internet a banda larga è un servizio universale?
Non si può che concordare. In effetti in molti Paesi l’accesso a Internet su banda larga è un diritto esplicitamente sancito per i cittadini, non ultimo in UK che ha dichiarato di voler promuovere una legge apposita nei prossimi mesi. Internet a banda larga e innovazione viaggiano in parallelo. Per quanto riguarda le telco, oggi la telefonia ha preso quasi un ruolo di secondo piano rispetto alla connessione, con la possibilità di accedere alle app, ai servizi in cloud e utilizzare i device IoT. Viviamo, infatti, in un periodo di profonda trasformazione, dove cambiano le nostre abitudini e si aprono davanti a noi nuovi scenari come l’industry 4.0 o il futuro delle smart city, abilitati proprio da una società interconnessa, nella quale i big data svolgeranno un ruolo fondamentale.
Quanto sono importante stabilità e supporto normativi per aiutare gli investimenti delle telco?
Si tratta di aspetto molto importante. Le telco investono in funzione del mercato ma vivono oggi un periodo complesso, dove le pressioni per incrementare il fatturato sono sempre più consistenti mentre crescono le esigenze degli utenti e si deve affrontare una concorrenza sempre più agguerrita, con l’ingresso di nuovi operatori che a volte propongono prezzi stracciati. Le normative, quando vengono implementate bene, danno chiarezza e aiutano a compiere delle scelte migliori, motivate e in funzione regole ben precise. Davanti alle pressioni del mercato e degli azionisti questo aspetto non è da trascurare, perché solo avendo una visione chiara anche dal punto di vista normativo è possibile impostare una strategia e definire un piano di crescita. Supportare in questo modo gli investimenti in innovazione delle Telco è fondamentale perché solo avendo il coraggio di investire in innovazione quest’ultime avranno il potere di differenziarsi.
Le infrastrutture da sole non bastano, è necessario anche lo sviluppo dei servizi digitali. Concorda? Come la politica può favorire la digitalizzazione di imprese, pubblica amministrazione, cittadini?
Gli operatori parlano sempre di infrastruttura ma c’è una parte che, anche se spesso omessa, sta acquisendo sempre più importanza e valore, ed è legata al servizio che viene fornito tramite le applicazioni. Per gli operatori è cruciale pensare a questo aspetto, cioè a degli applicativi che devono essere sempre più veloci, affidabili e sicuri. I servizi digitali, infatti, sono fondamentali, per i cittadini e anche per le aziende, alle quali offrono opportunità di crescita rilevanti a prescindere dal settore del mercato nel quale operano. Dal punto di vista della politica, credo che il passaggio fondamentale per favorire la digitalizzazione sia la riduzione della burocrazia e di tutte quelle pratiche complesse che non facilitano gli investimenti. Molte volte i fondi vengono stanziati ma risultano bloccati per motivi burocratici.
L’Italia ha detto di volere essere all’avanguardia in Europa sul 5G tanto da sperimentarne i servizi in 5 città. La convince tale enfasi?
Sì, certamente. Se in Italia c’è una volontà di fare veramente una cosa, siamo capaci di portarla a termine con successo. Esperienze passate, come l’Expo, lo hanno dimostrato. Nel nostro Paese ci sono competenze e preparazione e il percorso di avvicinamento alle reti di nuova generazione ha già toccato tappe importanti.
A quali condizioni l’Italia può effettivamente diventare leader nel 5G?
La parola chiave è: innovazione. Solo attraverso di essa, sviluppando tecnologia, infrastrutture e servizi, il nostro Paese potrà vincere questa sfida. Dal punto di vista di F5, credo che il ruolo dei vendor tecnologici si rivelerà fondamentale per supportare l’innovazione del Paese in virtù della loro padronanza completa, con risorse e competenze, delle tecnologie che abilitano tale trasformazione, come la virtualizzazione, il cloud e il software-defined, imprescindibili per affrontare lo scenario del 5G.
Che ne pensa del “modello francese” con lo Stato che ha dato in uso pressoché gratuito le frequenze 5G agli operatori esistenti in cambio di una veloce e diffusa posa delle nuove reti?
A mio avviso si tratta di un modello molto lungimirante. Le aste di per sé fanno cassa per lo Stato ma la Francia si è resa conto che dando le frequenze in uso a fonte di servizi migliori offerti dalle aziende è possibile creare nuovo valore, che genera, a sua volta, ulteriore fatturato.
Cosa dovrà fare il nuovo governo per favorire l’uso e i servizi delle reti 5G?
Necessariamente facilitare gli investimenti alle aziende che sono responsabili della creazione dell’infrastruttura e continuare ad investire nella digitalizzazione delle imprese.