Le valute digitali, almeno per il momento, non avranno un impatto significativo sui mercati finanziari, sebbene siano molte le domande ancora aperte sulla loro natura e sostenibilità. E’ di questa idea S&P Global Ratings, secondo cui le monete virtuali, come il bitcoin, “avrebbero bisogno di qualche forma di regolamentazione e guidance prima di avere un impatto significativo sui mercati finanziari”.
Come si legge in una nota, le valute digitali “hanno attirato molta attenzione negli ultimi dodici mesi” e il fatto che siano indipendenti dalle banche centrali e l’esposizione a possibili bolle “ha sollevato perplessità nelle autorità di regolamentazione”. Detto questo, l’agenzia ritiene che “le caratteristiche delle valute digitali, nella loro versione attuale, le rendono uno strumento speculativo che, qualora il mercato crollasse, non metterebbe a repentaglio la stablità finanziaria globale”. Come si legge ancora,
“Per il momento un significativo calo del valore di mercato delle monete virtuali avrebbe solo un effetto sull’industria dei servizi finanziari, comunque troppo piccolo per creare disturbo alla stabilità o influenzare la redditività delle banche di cui diamo valutazione”, spiega Mohamed Damak, a capo di S&P Global Ratings Financial Institutions Sector. Guardando avanti, se le valute digitali diventassero un’asset class “l’impatto sui servizi finanziari sarebbe più graduale”.
La convinzione è che “il successo futuro delle valute digitali dipenderà per ampia parte dall’approccio coordinato delle autorità e degli attori politici globali per regolamentare e sostenere la fiducia in questi strumenti da parte dei mercati”, sottolinea ancora Damak, secondo cui la tecnologia blockchain, quella alla base delle valute digitali, se ampiamente adottata potrà avere un effetto positivo, “significativo e duraturo su velocità, tracciabilità e costo delle transazioni finanziarie”.
Intanto il bitcoin risale sopra i 11mila dollari. Fundstrat Global Advisors, prevede un rialzo sostenuto nei prossimi mesi, con un nuovo record a luglio.
Le fluttuazioni del bitcoin degli ultimi due mesi sono state determinate da una serie di notizie “negative” che hanno spinto molti investitori a liberarsi della moneta virtuale. In particolare gennaio è stato il mese peggiore degli ultimi tre anni a causa del giro di vite regolatorio annunciato da diversi governi. La Cina ha messo nel mirino siti web e app che offrono servizi simili a piattaforme di scambi di criptovalute, mentre la Corea del Sud, il terzo mercato mondiale per le criptovalute, ha annunciato una legge per proibire gli scambi sui mercati nazionali. A inizio febbraio, un altro colpo alle quotazioni del bitcoin (e di altre criptovalute) è stato inferto dalle indiscrezioni di stampa secondo cui i vertici della Sec, l’organo di vigilanza delle Borsa Usa, e della Commodity Futures Trading Commission vorrebbero chiedere al Congresso americano di prendere in considerazione l’ipotesi di un controllo a livello federale delle piattaforme per gli scambi di monete digitali. Anche l’attacco hacker al mercato di scambio di di Tokyo per criptovalute, Coincheck, ha mandato in crisi le quotazioni.