Sono state quasi un miliardo nel mondo le vittime degli hackers nel 2017. Nello stesso periodo i cyber criminali si sono impossessati indebitamente di 146,3 miliardi di Euro. Anche l’Italia rappresenta ormai un target importante per la malavita informatica che ha colpito 16 milioni di connazionali (pari al 37 % della popolazione adulta) con un “bottino” di 3 miliardi e mezzo di euro.
La ricerca online condotta su un campione di 22mila consumatori in 20 mercati diversi per conto di Norton Symatec, conferma che la criminalità informatica non solo sia un fenomeno in espansione a livello planetario, ma acquisisca di anno in anno strumenti e conoscenze sempre più sofisticate a fronte di un’utenza sempre più connessa, ma non ancora consapevole dei rischi che sta correndo e delle necessarie contromisure da adottare. Si conferma quanto sostenuto da una precedente rilevazione del Politecnico di Milano che in un report dell’Osservatorio Security & Privacy rileva una crescita del 12% degli attacchi sia in termini di numero che di frequenza. La particolarità dell’indagine Norton è quella di fornire dati quantitativi sull’entità e le caratteristiche dei crimini informatici, ma anche quella di gettare una luce sull’atteggiamento degli utenti nei confronti di questa nuova minaccia.
La vittima-tipo è un po’ la stessa in ogni mercato: connessa sempre alla rete, utilizza lo smart phone per acquisti e per lo streaming ma, a differenza delle non-vittime, adotta molto più spesso la stessa password per diversi siti. E’ questo un errore che può costare caro: il valore di una mail o di un account di social network hackerato per utente italiano, è stimato essere stato di 509€. Tra i consumatori digitali è diffusa un’eccessiva fiducia nelle misure singolarmente prese per prevenire gli attacchi, un atteggiamento confermato dal fatto che quasi la metà delle vittime (44%) ha dichiarato di non eseguire il back up di almeno uno dei propri dispositivi. La maggioranza degli utenti italiani si fida della sicurezza delle banche (78%), ma il tasso di fiducia cala sensibilmente quando si tratta di valutare la capacità del Governo (62%) o dei social network (36%) di custodire e gestire dati e informazioni personali. Quasi il 50% delle vittime degli hackers (contro il 39% della media mondiale) ha la percezione che la propria capacità di custodire dati e informazioni sia nel tempo cresciuta, ma nello stesso tempo una terzo di loro ritiene che il reale pericolo di un attacco al proprio profilo fosse relativamente basso.
In definitiva la grande maggioranza (80%) ritiene che debbano essere gli internet provider con le forze dell’ordine a garantire la sicurezza, trascurando spesso di adottare quelle misure base che ogni utente dovrebbe conoscere per proteggersi dagli attacchi. Il risultato è un’alta vulnerabilità ai malware (che ha colpito il 55% delle vittime in Italia), il furto di dati e informazioni personali (44% delle vittime) e l’involontaria cessione di dati in risposta a mail e messaggi trabocchetto (40%). Ancora limitato il fenomeno del ransomware circoscritto al 12 per cento delle vittime (nel mondo si sale al 17%) che non sono riuscite a “liberare” i propri dati nonostante il pagamento di un riscatto. Da non sottovalutare che 4 su 10 intervistati hanno denunciato un’intrusione nella propria rete domestica non adeguatamente protetta. E quando un hacker “buca” la rete WiFi può in un istante avere accesso a tutti i device connessi.