Non si placa lo tsunami che ha investito Facebook dopo lo scandalo Cambridge Analytica sull’abuso dei dai di 50 milioni di americani. In Italia iniziano a muoversi le procure. La Procura di Roma ha aperto un’indagine, al momento senza indagati o ipotesi di reato, sull’esposto presentato dal Codacons in relazione allo scandalo “Datagate” e il possibile coinvolgimento degli utenti italiani iscritti a Facebook. Il fascicolo è affidato al procuratore aggiunto Angelo Antonio Raganelli, titolare dei reati informatici e relativi alla privacy. Nell’esposto del Codacons si chiede alla magistratura di indagare su “possibili fattispecie previste dall’Art. 167. Del Codice della Privacy (Trattamento illecito di dati) e dall’art. 169. (Misure di sicurezza)”.
Negli Usa si indaga di possibili legami tra il Russiagate e il “Facebookgate”. Robert Mueller, il procuratore speciale che sulle interferenze di Mosca nella presidenziali Usa, sta focalizzando l’attenzione sui rapporti tra la campagna del presidente Donald Trump e Cambridge Analytica, la società al centro dello scandalo per la violazione di 50 milioni di profili privati di Facebook utilizzati a scopo elettorale. Secondo la Abc, esperti digitali che hanno lavorato per la campagna del presidente hanno già avuto incontri con il team di Mueller che, lo scorso dicembre, aveva richiesto di analizzare le email dei dipendenti di Cambridge Analytica che lavoravano per Trump.
In occasione della campagna del presidente, secondo il Miami Herald, sono stati pagati a Cambridge Analytica circa 6 milioni di dollari per il suo lavoro del 2016. Intanto la commissione Energia e Commercio della Camera dei Rappresentanti Usa intende chiedere all’amministratore delegato di Facebook, Mark Zuckerberg, di testimoniare sullo scandalo di Cambridge Analytica e i dati privati degli utenti del social media violati per fini elettorali. In una nota, la commissione parlamentare ha annunciato che invierà “una lettera formale a Zuckerberg nei prossimi giorni”. Il fondatore del social in blu, ieri durante un’intervista alla Cnn, si è detto disponibile a testimoniare.
Il coinvolgimento di Cambridge Anayltica nell’elezione di Trump sarebbe – secondo il Guardian – “raccontata” a fine 2016 in una sorta di cartellina pubblicitaria di 27 pagine per promuovere i suoi servizi di consulenza politica nella quale rivendicava fra l’altro d’aver aiutato Donald Trump a vincere le presidenziali Usa utilizzando Google, Snapchat, Twitter, Fb e YouTube.
La cartellina circolò come un documento interno: nelle 27 pagine sono descritti i metodi di “micro-targeting” che sarebbero stati “tagliati su misura” per la campagna elettorale digitale di Trump durante la fase finale della corsa per la Casa Bianca dopo la conquista della nomination repubblicana. Vi sono elencate attività di ricerca nell’opinione pubblica, modelli di utilizzo di dati e algoritmi disegnati per mirare 10.000 diversi segmenti di audience negli Usa. E si fa riferimento a messaggi cliccati complessivamente “miliardi di volte”. Keiser si presenta come specialista di “diritti umani”. Ma il Guardian sottolinea come il suo lavoro per CA si sia concentrato in campagne pubblicitarie in favore di clienti – politici e manager – in Paesi quali Lituania, Benin, Etiopia o Libia al centro da anni d’attività di persuasione occulta e manipolazione del consenso gestite da spin doctor “occidentali”.
E il cerchio si va stringendo anche sui rapporti tra Facebook e il ricercatore Aleksandr Kogan, inventore della app che ha raccolto i dati degli utenti per poi cederli a Cambridge Anaylitica. Secondo The Guardian, nel 2011 il social network ha fornito allo studioso dati aggregati su circa 57 miliardi di “amicizie” per uno studio poi pubblicato nel 2015 e firmato anche da due dipendenti di Facebook in qualità di co-autori. Kogan, scrive il quotidiano britannico, all’epoca pubblicava documenti con lo pseudonimo di Aleksandr Spectre.