L'INTERVENTO

Caso Facebook, in campo Apple e Ibm: “Servono regole per le piattaforme web”

“Situazione grave”, afferma il Ceo di Apple dal palco del China Development Forum. Interviene anche Ginny Rometty di Ibm: “Le piattaforme hi-tech devono essere più trasparenti. I dati appartengono a chi li crea”

Pubblicato il 26 Mar 2018

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Le piattaforme su Internet hanno bisogno di qualche forma di regulation: lo hanno detto il Ceo di Apple Tim Cook e la Ceo di Ibm Ginny Rometty intervenendo al China Development Forum di Pechino. Lo scandalo Facebook-Cambridge Analytica mette sotto pressione tutti i colossi hitech sul tema del trattamento dei dati personali e i top executive dei grandi gruppi americani – tradizionalmente restii alla regolamentazione – non esitano ad aprire la porta a una normativa “ben congegnata”, come l’ha definita Cook, benché nessuno abbia per ora la definizione esatta che metta al loro posto tutti gli elementi dell’equazione: business, innovazione e protezione del consumatore.

La questione della privacy online non è nuova ma lo scandalo che ha travolto Facebook, col crollo del titolo in Borsa e danno alla reputazione del social network presso utenti e inserzionisti, spinge le aziende tecnologiche americane a non sottovalutare più le conseguenze dei passi falsi sul trattamento dei dati personali. Per smantellare lo strapotere acquisito di Facebook, il social da 2,2 miliardi di utenti che domina l’advertising online insieme a Google, ci vuole probabilmente molto più che la bufera di Cambridge Analytica ma resta l’esigenza di mettere al riparo il business delle piattaforme tecnologiche.

“E’ chiaro che si rende necessario qualche grosso cambiamento”, ha detto Cook. “Non sono un grande fan della regulation perché a volte le regole hanno conseguenze impreviste, ma ritengo che questa specifica situazione sia così grave e abbia assunto proporzioni tali da rendere necessaria qualche forma di regolamentazione“, ha affermato il Ceo di Apple, che quest’anno è stato il co-chair del China Development Forum.

La Rometty ha messo l’accento sulla necessità di una maggiore trasparenza delle piattaforme hitech: “Se vuoi usare certe tecnologie, devi far sapere agli utenti che le usi: non deve essere una sorpresa”, ha affermato la Ceo di Ibm. “Le persone devono avere la possibilità di aderire o rifiutare con le modalità di opt in e opt out e deve essere chiaro che la proprietà dei dati è di chi li crea“.

Non sono solo i colossi americani del web ad essere messi sotto pressione sulla privacy degli utenti: in Cina aziende come Alibaba e Baidu sono state accusate da alcune associazioni dei consumatori di aver raccolto illecitamente dati personali e Pechino ha reagito inasprendo la normativa, come ha riferito nel corso del China Development Forum il Ceo di Baidu Robin Li.

La Cina fa però storia a sé perché il governo di Pechino ha caratteristiche diverse da quelli europei o americano e gli stessi consumatori cinesi, ha affermato Li, sono disposti a rinunciare alla privacy in nome di una maggiore “sicurezza ed efficienza”. L’Europa invece non è disposta a compromessi sulla protezione dei dati personali dei suoi cittadini, come dimostra il nuovo regolamento sul trattamento dei dati personali Gdpr che entrerà il vigore il 25 maggio prossimo. Anche gli Stati Uniti potrebbero voler stringere le maglie del controllo sul modo di operare delle imprese: il Congresso ha convocato Mark Zuckerberg in un’audizione in cui cercherà dettagli sul meccanismo con cui i dati di 50 milioni di utenti di Facebook sono passati a Cambridge Analytica tramite il download di app. I politici americani esigeranno anche spiegazioni sul mancato rispetto di un ordine emesso dalla Federal Trade Commission addirittura nel 2011 che obbligava Facebook a ottenere sempre il consenso informato degli utenti prima della cessione dei dati personali a terzi.

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