Riflettori dei mercati su Spotify. L’azienda campionessa dello streaming musicale oggi va alla prova dei fatti: si vedrà se anche gli investitori credono nella società guidata da Daniel Ek e su un modello di business in via di affermazione, che punta a convincere i consumatori che pagare per un abbonamento a milioni di brani è meglio che acquistare singoli brani o album. Il tutto in un momento di grande turbolenza per il mercato dell’hi-tech. Il Ceo mette in guardia dipendenti e pubblico: “A volte vinciamo, a volte inciampiamo. Non ho dubbi che ci saranno alti e bassi”.
La piattaforma lanciata a Stoccolma nel 2008 conta ora su 71 milioni di abbonati in tutto il mondo contro i 38 milioni di Apple. Un ruolo nel mercato, quello di Spotify, che viene spesso paragonato a quello di Netflix per il mondo del video. Con la differenza che Netflix è anche produttore di contenuti, dunque può esercitare un controllo più esteso sulla filiera.
L’azienda guidata da Daniel Ek sarà quotata al New York Stock Exchange con il logo Spot (Spotify Technology), e potrebbe essere il maggiore debutto tecnologico del 2018: si spera di superare i 25 miliardi di dollari di capitalizzazione.
Spotify si quoterà non con la tradizionale Ipo, ma con il meccanismo della quotazione diretta per determinare il prezzo iniziale delle azioni. Niente dunque road show: l’evento sarà online e il prezzo di esordio sarà fissato dal mercato in base alla domanda e all’offerta.
La domanda di offerta pubblica avanzata alla Sec ammonta a un miliardo di dollari: scelta rischiosa, ma che punta sul nome e sui numeri di Spotify: la piattaforma lanciata a Stoccolma nel 2008 ha rivoluzionato le abitudini sulla musica, contando attualmente 159 milioni di utenti al mese in oltre 60 Paesi, e 71 milioni di abbonati che pagano per accedere a tutte le prerogative della app. Mentre l’azienda ha sborsato circa dieci miliardi di dollari di diritti ad artisti, etichette musicali ed editori. Sono cifre che rappresentano circa il doppio – secondo Spotify – di quelle del più diretto concorrente, Apple Music.
Dal 2015 al 2017 c’è stato un vero e proprio boom dell’azienda che è passata – si legge nella documentazione presentata alla Sec – da 1,9 miliardi di euro di ricavi a 4,09 miliardi di euro, con un tasso annuo di crescita del 45%. Tuttavia nel 2015, nonostante al momento Spotify non abbia rivali in grado di contrastare il suo dominio, le perdite nette erano di 230 milioni e nel 2016 di 1,23 miliardi di euro. Mentre l’anno scorso l’azienda ha chiuso con un rosso di 324 milioni di euro.