Cassa depositi e prestiti pronta all’ingresso nel capitale di Tim con una quota fino al 5%. Secondo quanto appreso da Mf-Dowjones da una fonte a conoscenza dei fatti, l’ingresso nel capitale della società del Tesoro nella compagnia avverrà con acquisti che saranno realizzati ai blocchi, precisando che l’investimento è di tipo finanziario. La Cassa depositi e prestiti non comprerà quindi direttamente azioni del gruppo sul mercato.
Il board della Cdp è in corso e da quanto si apprende delibererà l’acquisto di una quota fino al 5% per un impegno massimo che ai valori attuali varrebbe intorno ai 550 milioni euro.
L’operazione è finalizzata a tutelare gli interessi di sistema ed è stata condivisa con il mondo politico nonché verificata con le fondazioni azioniste, essendo stata decisa a valle di un vertice che si è tenuto martedi e a cui hanno partecipato il premier uscente Paolo Gentiloni, il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda e quello dell’Economia, Pier Carlo Padoan.
Nella strategia di Cdp il presidente del Consiglio del governo uscente Paolo Gentiloni con i ministri Pier Carlo Padoan e Carlo Calenda (in rappresentanza del Tesoro, azionista con l’82,77%) risultano allineati al presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti (le fondazioni bancarie sono al 15,93%) e ogni mossa sembrerebbe verificata anche con le principali forze del panorama politico.
Secondo gli analisti di Fidentiis, Cdp avrà circa una settimana di tempo per procurarsi le azioni di Tim se vorrà votare sulla revoca dei consiglieri di Vivendi nell’assemblea del 24 aprile. “Riteniamo che la Cdp dovrebbe decidere di acquistare la sua quota prima del 13 aprile che è la ‘record date’ per l’assemblea in programma del 24 aprile se vuole supportare la richiesta di Elliott di sostituire sei consiglieri – spiegano gli esperti – La discesa in campo della Cdp una notizia positiva in quanto “potrebbe accelerare una fusione con Open Fiber e il riconoscimento di un modello ‘Rab’ per la rete, necessario per la quotazione”.
La “record date” dell’assemblea del 24 aprile è indicata nell’avviso di convocazione. “E’ legittimato all’intervento in Assemblea e al voto – si legge nell’avviso di Tim – colui per il quale l’intermediario di riferimento trasmetta alla società l’apposita comunicazione attestante la spettanza del diritto alla data del 13 aprile 2018”.
L’ingresso di Cdp apre apre così un altro fronte per Vivendi, il socio di controllo francese, già minacciato dal fondo attivista americano Elliott. Sul tema della Rete, quello che più sta a cuore a Cdp, l’Ad di Tim Amos Genish è intervenuto anche oggi intervistato dal quotidiano francese Les Echos: è un “imperativo” che Tim “controlli la sua rete. Ovunque dove gli operatori non hanno seguito questa strategia (ci sono esempi negli Usa, in Australia, o in Nuova Zelanda) ciò ha creato rischi inutili per una resa molto debole o nulla”.
Ma lo scenario si complica anche per il fondo attivista Elliott – secondo rumors il fondo avrebbe arrotondato la quota al 10% – che fino a ieri era sicuro di riuscire a spodestare Vivendi dal controllo di Tim all’assemblea del 24 aprile. Ma non si possono saltare le tappe e i soci sanno che devono comunque segnare in agenda l’impegno del 4 maggio, data per la quale resta confermata la convocazione di un’assemblea ad hoc per il rinnovo del cda. Tim ricorda pertanto ai soci interessati il termine del 9 aprile per la presentazione delle liste di candidati per la nomina del Cda e, secondo quanto trapela, Assogestioni avrebbe rifiutato l’offerta di Elliott per la presentazione di una lista unitaria, in primis essendo impossibilitata per statuto a presentare una lista di maggioranza. L’assenza di un’intesa rischia di disperdere il voto dei fondi su due liste e complica il progetto del fondo Usa di sfilare a Vivendi la maggioranza del cda. Le liste per il cda di Tim vanno presentate entro lunedì 9 aprile.
Assogestioni avrebbe dato la disponibilità a una lista di minoranza lunga, a sette membri (alle minoranze spettano in base allo Statuto di Tim un terzo dei posti in cda). D’altra parte Assogestioni non sarebbe disponibile a convergere su una lista di maggioranza presentata da Elliott (il Tuf richiede che non ci siano collegamenti tra una lista di minoranza e maggioranza, ndr), che pure non avrebbe problemi a lasciare spazio a candidati graditi ai fondi italiani, avendo l’obiettivo di promuovere un cambiamento della governance e non di prendere il controllo della società con suoi rappresentanti in cda né di sostituire il management. Tim ricorda anche che “il cda della società è convocato per il 9 aprile per esaminare tale integrazione, alla luce delle motivazioni rese disponibili dal Collegio Sindacale, e assumere ogni opportuna iniziativa al riguardo”. All’orizzonte c’è l’ipotesi di un ricorso d’urgenza in Tribunale per stoppare l’intervento del Collegio Sindacale, ritenuto un’ingerenza.
Intanto l’ad di Tim Amos Genish si schiera palesemente al fianco del suo azionista di controllo: “Se Vivendi è entrata in Telecom Italia, lo ha fatto con una visione di lungo termine in quanto partner industriale. Tutto il contrario di un hedge fund come Elliott dalla politica di breve termine” dichiara al quotidiano francese Les Echos. In merito all’intesa tra Mediaset e Sky invece Genish invoca l’intervento dell’Antitrust, “non è nell’interesse degli italiani che ci sia meno concorrenza nel mercato della pay tv. Se necessario, chiederemo dei rimedi”.
Per Asati l’ingresso di Cdp in Tim è postivo per l’azienda e il Paese. “Le notizie che si stanno diffondendo – si legge in una nota – sono un piccolo risarcimento, a vent’anni di distanza, per una privatizzazione sbagliata che ha prodotto orrori & errori che oggi tutti riconoscono e che tuttavia sono stati pagati principalmente dai dipendenti, dai piccoli azionisti, dal Paese che ha visto depauperato parte significativa del suo tessuto industriale”.