"La prossima sfida del programma di innovazione della PA?
Scommettere su interoperabilità ed efficienza del sistema pubblico
puntando all’adozione di soluzioni di cloud computing».
L’annuncio è di Renzo Turatto, Capo
Dipartimento Digitalizzazione e Innovazione tecnologica (Ddi).
È un progetto ambizioso. Come vi state
muovendo?
Per ora siamo alle fasi iniziali. Abbiamo avviato contatti con il
Garante per la Privacy per il varo di linee guida sull’utilizzo
del cloud nella PA: un passo obbligato per rendere la tecnologia
assolutamente sicura in un ambito – come quello pubblico – dove la
tutela del dato è imprescindibile.
La scelta del cloud è stata fatta per motivi di risparmi
economici?
In parte. Ma la nostra scelta è legata anche all’efficienza. Mi
spiego: il vero obiettivo di ogni processo di innovazione è quello
di “fare rete” per rendere la gestione del dato interoperabile.
In questo senso il cloud facilita l’interoperabilità sia per gli
enti più grandi, che si svincolano dall’adozione di costose
piattaforme, sia per quelli più piccoli – e qui entra in ballo
l’economicità – che possono dotarsi di una tecnologia
all’avanguardia senza dover affrontare pesanti investimenti in
infrastrutture. C’è poi la questione delle standardizzazione,
vera “bestia nera” dell’amministrazione.
In che senso “bestia nera”?
Perché sia interoperabile il dato deve essere standardizzato,
leggibile da tutti gli operatori. L’autonomia gestionale di cui
godono gli enti impedisce la standardizzazione, appunto perché i
software utilizzati non comunicano tra loro. Il cloud, essendo una
piattaforma comune interoperabile, garantisce la standardizzazione
nel rispetto dell’autonomia. Altro elemento importante è
l’esigibilità dell’ingegnerizzazione: migrare al cloud
costringe in qualche maniera tutti gli enti ad ingegnerizzare le
procedure, dando la stura anche a successivi processi di
innovazione. Ultimo, ma non meno importante elemento, è la
possibilità di aumentare la trasparenza: la nuvola agevola
strategie di open data, rendendo più interattiva la comunicazione
tra PA e utenti. Interoperabilità e trasparenza rendono la PA un
sistema efficiente in grado di trainare tutto il Paese.
Mentre lavorate al cloud, però, ricette mediche digitali e
carta di identità elettronica sono al palo. Brunetta ha inviato
più di una lettera a Tremonti per accelerare su questi progetti ma
dal Mef ancora nessuna risposta. Lei che idea si è fatto di questa
impasse?
Il fatto che il ministro Brunetta continui a battere il ferro
dimostra che la nostra priorità a breve termine resta il varo
delle ricette digitali. Non è un progetto procrastinabile, dato
che produce risparmi di oltre 2 miliardi di euro l’anno: 600
milioni solo dall’eliminazione della prescrizione cartacea e il
resto dall’efficientamento del sistema.
Brunetta fa bene ad incalzare Tremonti, dunque. Ma siamo
sicuri che il sistema sanitario è pronto a fare il grande salto
nel digitale?
Il sistema è pronto. Lo dimostrano i certificati di malattia
trasmessi per via telematica che hanno riscosso un grande successo
con oltre l’80% dei medici che li utilizzano. I Web-certificati
sono stati il banco di prova per le ricette digitali. Inoltre la
piattaforma, sviluppata da Sogei, sui cui le prescrizioni dovranno
viaggiare, è già pronta.
Che ci dice della Cie?
Le norme attuative già ci sono. Quello che manca è la
costituzione di un soggetto, che dovrà nascere dalla sinergia tra
Sogei e Poligrafico, a cui spetterà compito di rendere operativo
il progetto, così come stabilito dal decreto sviluppo dello scorso
maggio.
Un altro volano di innovazione è la Posta elettronica
certificata. È difficile recuperare i dati di diffusione e
utilizzo. Ci aiuta a fare il punto?
Dati ancora non ne possiamo diffondere. Il Ddi sta lavorando
all’atlante della Pec che verrà pubblicato nelle prossime
settimane. In termini generali posso dire che abbiamo numeri
importanti sul traffico e un aumento delle richieste di attivazione
di nuove caselle, soprattutto nel mondo dei professionisti che
usano la e-mail certificata come canale di comunicazione
privilegiato.
Su versante PA cosa sta succedendo?
Anche lì abbiamo avuto riscontri importanti: le PA sono sempre
più interessate al progetto. La Pec è uno strumento destrutturato
che non richiede alti livelli di ingegnerizzazione; una
caratteristica che la rende utilizzabile anche dagli enti più
piccoli che non sono in grado, per motivi economici o di
competenze, di realizzare portali interattivi. Infine, è uno
strumento che funziona a prescindere dalla velocità delle
connessioni. La Pec viaggia anche dove c’è il doppino e riduce
il digital gap.
Turatto: “Pec e cloud per dare la stura all’efficienza della PA”
Il Capo Dipartimento della Digitalizzazione e Innovazione tecnologica svela i prossimi passi di Palazzo Vidoni: “La nuvola facilita l’interoperabilità e abbatte la necessità di investire in infrastrutture”. E sulla Pec: “Sta cambiando alla radice il modo di lavorare dell’amministrazione”
Pubblicato il 04 Ott 2011
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