Lanzillotta: “Nella PA serve una strategia open data”

L’ex ministro per gli Affari regionali e ora deputato dell’Api boccia la strategia di Brunetta: “Il cittadino deve poter comunicare con la PA in maniera interattiva”

Pubblicato il 04 Ott 2011

"Nessun significativo passo avanti nell’innovazione del
settore pubblico che sta pagando la politica degli annunci
propinata da Brunetta in questi tre anni governo. Una politica che
non punta alla crescita». È il giudizio di Linda
Lanzillotta
, deputata dell’Api ed ex ministro per gli
Affari regionali.
Eppure gli indicatori Ue dicono che l’Italia è ai primi
posti per disponibilità di servizi avanzati…

Sgombriamo il campo dagli equivoci. Gli indicatori pubblicizzati da
Brunetta sono relativi alla disponibilità delle prestazioni e non
alla loro efficacia ed efficienza, rilevati, invece, da un altro
indicatore, l’e-gov survey. Stando a questo indicatore l’Italia
registra un 22,7% a fronte di un media Ue che si aggira intorno al
44% e che ci colloca dietro a Grecia, Croazia, Turchia e Romania.
Sono questi numeri che danno il polso del tasso di innovazione
perché raccontano “se” e “come” i servizi funzionano e
come impattano sulla produttività del sistema Paese.
Come mai Palazzo Vidoni non ha reso noti anche questo
risultati?

Brunetta fa spot sul suo lavoro di ministro e non entra nel merito
dei programmi. In questi tre anni abbiamo assistito ad una serie
infinita di annunci di intese, protocolli i cui risultati non sono
misurabili.
Non salva nulla? Nemmeno la Pec?
Anche in questi casi non sono progetti realmente misurabili in
termini di efficienza ed efficacia. D’accordo, la Pec è stata
resa disponibile, ma in quanti la usano? E quali le categorie che
possono trarne più vantaggio? Come impatta sui processi della PA?
Sono tutte domande a cui non è stata data una risposta.
In cosa ha sbagliato Brunetta?
Non si è impegnato a rimuovere gli ostacoli di natura culturale
che caratterizzano la PA con azioni di formazione mirate. Non è
entrato nella carne viva della burocrazia. E sa qual è il
risultato? Che si è creata una “burocrazia dell’innovazione”
che ha sovrapposto sistemi nuovi a processi vecchi.
Il nuovo Cad era stata concepito per evitare questa
sovrapposizione.

Il Cad poteva rappresentare una svolta ma solo se associato, come
dicevo, anche ad azioni di tipo culturale che, invece, non ci sono
state.
A proposito di azioni culturali, come giudica
l’operazione trasparenza?

Il lavoro è stato fatto a metà. Va bene pubblicare i compensi dei
dirigenti ma non basta; bisogna entrare in un ottica di open data
che permetta al cittadini di comunicare in modo interattivo con la
PA. Inoltre è necessario rendere pubblici i costi unitari dei
servizi e degli appalti, perché è lì che si annidano sprechi e
inefficienze, quando non comportamenti illegali.
Tremonti non si decide ad emanare i decreti sui pagamenti
elettronici. Lei che idea si è fatta sulla “latitanza” del
ministro dell’Economia?

Credo che, in un momento di crisi come questo, Tremonti non voglia
toccare interessi forti come quelli delle banche che dalle
intermediazioni guadagnano centinaia di migliaia di euro. Rendere
operativi i pagamenti digitali – così come previsto dalla
direttiva Ue sulla Sepa – significa intaccare un grande business.
Ma su questo punto non sono accettabili ritardi o latitanze, è una
cosa che va fatta in tempi rapidi, visto che si tratta di
iniziative che garantiscono più efficienza, più trasparenza, più
legalità. E quindi più crescita.

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