Oggi il Paese ha disperatamente bisogno di “ricette per la
crescita” in grado di rilanciare lo sviluppo. La rete Ngn va
certamente annoverata tra le priorità in grado di portare nuova
“energia” al nostro Sistema. Anche gli ultimi dati Assinform –
Ict in flessione del 2,4% – confermano che in assenza di uno
“scossone” l’hi-tech in Italia continua a perdere quota.
Disporre in tempi brevi di una rete ad elevate prestazioni
rappresenterebbe un volano fondamentale per le aziende italiane e,
di riflesso, per il nostro sistema produttivo. Solo una rete molto
performante infatti può assicurare alle aziende l’accesso, da
subito, a nuovi servizi quali il cloud computing, gli hosted
services o la telepresence.
Si tratta di servizi fondamentali per permettere alle aziende di
riguadagnare la produttività che è venuta a mancare all’Italia
negli ultimi 15 anni – dal 1998 ad oggi l’Italia ha perso tra
l’1 e l’1,5% di produttività l’anno rispetto alla media
europea – e che è andata di pari passo con la perdita di posizioni
del nostro Paese sia nella diffusione di nuove tecnologie sia
nell’ancora scarsa digitalizzazione della PA che dovrebbe fare da
traino alla crescita della domanda di banda larga da parte di
famiglie e aziende.
Il vero rischio è che in Italia, in mancanza di un progetto serio
per la realizzazione di una rete Ngn, gli operatori mobili, che
hanno sempre goduto di una favorevole asimmetria regolamentare,
realizzino quattro reti Lte, che però non saranno in grado di
garantire il livello di performance di una Ngn.
Le aziende, per essere competitive e sfruttare il vantaggi del
cloud, dell’erogazione di servizi in modalità “as a service”
hanno bisogno di una rete che offra banda minima garantita, 24 ore
al giorno, non solo a rete scarica, come succede adesso. Ciò
significa un’attenzione non solo alla rete d’accesso ma anche
alla “rete di backhauling”, che diventeranno il vero collo di
bottiglia “strozzando” le performance della rete attuale.
Del resto, l’impatto positivo degli investimenti in innovazione –
e la rete Ngn, per le sue capacità di “trascinamento”, ne è
l’esempio più calzante – è testimoniato anche da una recente
ricerca di Oxford Economics. Se l’Europa investisse, entro il
2020, in innovazione come gli Usa, il suo Pil potrebbe crescere di
ulteriori 760 mld di euro (+5% rispetto al forecast). Per
l’Italia l’impatto è addirittura superiore: + 7% pari a 130
mld. Mi pare che si tratti di numeri che si commentano da soli.