Le vendite transfrontaliere online languono in Europa: solo 7
consumatori su 100 si fidano e solo un'azienda su 10 riesce a
vendere su Internet al di là delle frontiere. Per il mercato unico
è una potenziale perdita pari a 26 miliardi di euro all'anno.
Convinta che a frenare il commercio nei negozi virtuali per i 500
milioni di cittadini europei sia il puzzle di 27 diverse regole
nazionali per la protezione dei consumatori – dai tempi del diritto
di recessione ai costi ed alle commissioni nascoste – il
commissario Ue per la Giustizia, Viviane Reding, ha lanciato la
proposta di un
diritto europeo comune di vendita che affianchi, senza sostituirli,
i singoli diritti nazionali.
Ma l'associazione europea delle Unioni consumatori (Beuc) ha
già espresso le sue perplessità, contestando il meccanismo di
legislazione opzionale ideato dalla Reding. Secondo la Beuc infatti
a frenare il commercio internazionale online non sono le norme
giuridiche di protezione dei consumatori, ma questioni pratiche
come la paura di frodi o timori sulle consegne. Inoltre
l'associazione afferma che per il 79% dei commercianti un
diritto uniforme non darebbe cambiamenti significativi.
Secondo la Commissaria, al contrario, un codice di vendita europeo
permetterebbe invece di creare un ''marchio di
qualita''' grazie a norme europee che sarebbero valide
in tutti i 27 paesi in opzionale alternativa ai singoli codici
nazionali.
Secondo la Direttiva proposta da Reding i consumatori avrebbero
benefici come: eliminazione dei costi-trappola per servizi
presentati come gratis ed in realtà automaticamente caricati sulle
bollette telefoniche; presentazione dei prezzi al netto, senza
commissioni aggiunte in caratteri microscopici; divieto di
presentare opzioni autocaricate (tipica quella
dell'assicurazione per i biglietti aerei low cost); uniforme
diritto di recesso per 14 giorni; garanzia di rimborso entro 14
giorni dal recesso; eliminazione dei sovrapprezzi per acquisti con
carta di credito.