In occasione dell’appuntamento annuale sulle telecomunicazioni
organizzato da Between a Capri, gli operatori di telecomunicazioni
sembrano aver identificato il modello di riferimento per la
realizzazione delle reti di nuova generazione anche in Italia. Dopo
oltre un anno di dibattito sulla possibile configurazione di una
partnership pubblico privato, il “coup de théâtre” è stato
fornito da Metroweb (controllata da F2i, a sua volta partecipata da
Cassa Depositi e Prestiti), che si candida come attore di
riferimento per la realizzazione delle nuove reti in fibra ottica,
secondo logiche di mercato, con garanzia di neutralità tecnologica
e di piena concorrenza sul mercato dei servizi ai clienti finali.
Tutto risolto quindi? Non esattamente.
Innanzitutto, nel breve e medio periodo (forse anche oltre)
l’intervento sarà certamente molto selettivo. Rimangono inoltre
da sciogliere tre dei quattro nodi che hanno finora ostacolato la
definizione di un accordo tra le parti. Il primo è quello del
prezzo che gli operatori sono disposti a pagare per la fibra. Il
secondo, è l’impegno che gli stessi vorranno assumere sulla
migrazione della propria clientela.
L’ultimo, non meno critico, è quello della remunerazione
dell’attuale rete in rame (o indennizzo per il suo spegnimento) e
dell’assetto societario a tendere della società proprietaria
della nuova rete. Qual è poi la relazione tra tutto ciò e i
quattro miliardi appena spesi per le frequenze 4G? Ne parleremo in
una prossima puntata.
CHE BROADBAND FA. Fibra, i nodi da sciogliere sono ancora tre
La candidatura di Metroweb a soggetto di riferimento per la realizzazione della nuova infrastruttura ha raccolto il favore delle telco italiane. Ma ancora non è chiaro il prezzo che gli operatori sono disposti a pagare per la fibra, l’impegno che assumeranno sulla migrazione dei clienti e, infine, la remunerazione dell’attuale rete in rame
Pubblicato il 17 Ott 2011
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