IL CASO

Uber paga i troppi scandali, lascia anche il manager dei taxi volanti

Jeff Holden è il dodicesimo top executive in un anno a uscire dalla società coinvolta in cause legali, guai regolatori e pratiche poco trasparenti. Il Ceo Khosrowshahi va avanti ma gli analisti rivedono la crescita al ribasso. E la rivale Lyft potrebbe beneficiarne

Pubblicato il 18 Mag 2018

UBER

Per il contestato servizio di ride hailing Uber non è finita la stringa di guai: tra cause legali, furti di dati e pressing regolatorio la società californiana perde l’ennesimo top manager, il chief product officer Jeff Holden, come confermato da Uber all’agenzia Reuters. In tutto l’azienda di San Francisco ha visto partire oltre dodici executive dall’anno scorso.

Holden era il responsabile della divisione Uber Elevate per la realizzazione di auto volanti; il progetto passa ora sotto la guida di Eric Allison e non sarà affatto abbandonato, ha chiarito la società che anzi, proprio nei giorni scorsi, ha lanciato un contest per selezionare la prima città internazionale dove i taxi volanti UberAIR saranno attivati in via dimostrativa nel 2020 e su scala commerciale nel 2023. L’anno scorso Uber ha scelto Dallas e Los Angeles come prime città per l’avvio del servizio ma ora cerca una terza destinazione fuori dagli Stati Uniti, come indicato da Holden pochi giorni prima delle dimissioni: la prima ipotesi era stata Dubai ma la metropoli degli Emirati arabi non è più nella lista dei papabili.

Uber l’anno scorso ha perso il numero uno della sua squadra manageriale, il Ceo Travis Kalanick, che ha lasciato travolto dagli innumerevoli guai societari, compresi i software che le auto Uber avrebbero utilizzato per evitare di essere localizzate dalle autorità e continuare a operare nelle città statunitensi in cui il servizio era stato messo al bando. Il nuovo Chief executive officer Dara Khosrowshahi sta cercando la svolta tra un rimpasto di manager e una modifica del modo di operare, che ha promesso diventerà più trasparente e aperto al dialogo coi regolatori. Le ultime grane ancora nell’ultimo mese: per la Corte di Giustizia Ue Uber è da considerarsi servizio di trasporto e gli Stati europei possono vietarne o limitarne l’esercizio. Intanto negli Usa emergono accuse di molestie sessuali a carico di un centinaio di conducenti in quattro anni.

Il grave problema del vaglio dei conducenti non riguarda solo Uber, ma anche il servizio rivale Lyft. Tuttavia la concorrente con le caratteristiche auto dall’insegna rosa non soffre di tanti guai legali e regolatori come Uber ed è riuscita a preservare la credibilità del brand, tanto che, secondo eMarketer, continua a gudagnare quote di mercato. La società di ricerche ha ridotto le previsioni di crescita su Uber per quest’anno, indicando che 48 milioni di adulti americani useranno il suo servizio almeno una volta, in crescita del 18% rispetto al 2017 ma rivedendo al ribasso una precedente stima che puntava su 51 milioni di clienti. Lyft nel frattempo ha proceduto all’espansione negli Usa (160 nuove città raggiunge l’anno scorso) e dice di avere uno share del 35% sul mercato del ride hailing nazionale, con punte del 40% in 16 aree metropolitane.

Lo studio di eMarketer giustifica il passo indietro citando anche l’impatto dell’indagine avviata dal dipartimento di Giustizia contro Uber per la presunta corruzione di ufficiali pubblici fuori dagli Stati Uniti e della causa intentata da Alphabet, capogruppo di Google, che ha accusato Uber di aver sottratto segreti industriali relativi all’automazione dei veicoli; la causa si è chiusa con un patteggiamento in cui Uber ha accettato di pagare 245 milioni di dollari. Uber l’anno scorso ha dovuto abbandonare il business in Cina a favore della rivale locale Didi e, di recente, ha rinunciato alle attività in Sudest asiatico a favore della concorrente Grab.

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