Nel futuro di Kaspersky ci sarà sempre più spazio per l’utenza
corporate. Dopo avere scalato in pochi anni la graduatoria retail,
la società moscovita dell’It security si avvia a consolidare la
sua presenza anche nel segmento maggiore, dove già peraltro vanta
una presenza: il 28% del suo fatturato 2010, pari complessivamente
a 538 milioni di dollari, arriva infatti dal BtB. Ma la volontà
anche in questo caso è di accelerare la corsa, puntando sulle
grandi organizzazioni con migliaia di endpoint installati.
Se occorreva una conferma, questa è venuta per bocca dello stesso
Eugene Kaspersky, cofondatore, chairman e Ceo della società, in
occasione del recente Vip executive forum di Montecarlo, al quale
erano presente una novantina di importanti clienti europei (16
italiani). Il numero uno della società russa ha delineato uno
scenario della sicurezza It che lascia poco spazio a imprese e enti
pubblici su cosa non fare.
“Oggi, e ancora di più in futuro, ogni cosa sarà online, tra
cui business & services, i sistemi industriali come le
infrastrutture critiche di una nazione, la vita sociale e la stessa
vita privata pensando a Skype. Tutto dipende e dipenderà
dall’operatività di Internet. Ma l’E-world, ancora più di
quello reale, è vulnerabile, anzi è sotto continuo attacco da
parte di tre categorie di soggetti: i cybercriminali, che agiscono,
per denaro; i cybercombattenti e gli hackervisti, che invece
agiscono per motivi ideologici o paraideologici. I primi, che si
concentrano soprattutto in Cina e Russia (gli altri invece operano
nei paesi occidentali), sono i più pericolosi, perché organizzati
e con una ramificazione globale, tanto che è nata una sigla nuova
per designare un business in crescita, quello CtoC, Crime to Crime.
Il crimine online è una attività profittevole (pare solo 10
miliardi di euro in Germania nel 2010), easy to do, a basso rischio
e soprattutto difficile da individuare. Dovrebbero essere i
governi, con iniziative concordate, a combattere il fenomeno ma
così non è. Di fronte a questa situazione imprese e enti hanno
solamente una alternativa per difendersi: affidarsi alle migliori
soluzioni tecnologiche disponibili sul mercato”.
Un riferimento non diretto ma esplicito a soluzioni come la nuova
Endpoint security suite di Kaspersky. Eugene è categorico: “Non
esiste una protezione al 100%. Tutte le organizzazioni sono
vulnerabili come del resto dimostrano i casi di Nasa, Cia, Google.
Le catastrofi tecnologiche sono una eventualità più certa di
quelle atmosferiche. Si può solo arginare”.
Non è una caso che la spesa per la sola sicurezza degli endpoint
sia in aumento: da 4,9 miliardi di dollari nel 2004 a 7,1 nel 2010
e a 9,9 miliardi in Europa secondo Idc. I fornitori di soluzioni
tecnologiche adeguate e avanzate non potranno che vedere i loro
ricavi salire. Nel 2010 la società russa ha registrato una
crescita del 38% sull’anno prima e il trend è proseguito
nell’anno in corso, grazie anche al contributo dell’utenza
corporate: solamente in Italia si stima di arrivare ai 10 milioni
di euro entro dicembre.
Nel mondo, dice Idc, si sono 475 milioni di devices mobili e 1,3
milioni di applicazioni da proteggere. Ad avviso di Christian
Christiansen, vice president security products and service della
società di ricerche, “le imprese devono affrontare la situazione
con controlli granulari sul social networking, con un maggiore
focus su cloud e ambienti virtualizzati e selezionare partner
tecnologici che hanno un approccio intelligente alle prevenzione
delle minacce”.
Il posizionamento di Kaspersky è stato illustrato dal suo chief
operating officer, Eugene Buyakin. “Uno dei nostri punti di forza
è l’innovazione: abbiamo 800 persone impegnate nella Ricerca e
Sviluppo a fronte dei 200 nel 2004. Siamo una azienda molto
profittevole e finanziariamente forte. Siamo in grado di guardare
lontano. In prospettiva osserviamo una evoluzione delle soluzioni
security da antimalware a endpoint security platform per poi
migrare verso una soluzione di endpoint security & management nel
2015. Ovvero da un approccio device-centric a uno user-centric,
dove la protezione dati è gestita in modalità cloud e una sola
soluzione è in grado di proteggere device su differenti
piattaforme”.