Ancora scandalo sulla gestione dei dati personali per Facebook: il colosso dei social network, già travolto nei mesi scorsi dal caso Cambridge Analytica, avrebbe permesso ad aziende come Apple, Amazon, BlackBerry, Microsoft e Samsung di accedere a quantità gigantesche di informazioni personali dei suoi utenti grazie ad accordi stipulati con questi ed altri produttori di device mobili. La denuncia arriva dal New York Times che parla di accordi di data-sharing stipulati con almeno 60 produttori di smartphone, tablet e altri dispositivi che hanno fornito automaticamente ai vendor accesso ai dati personali di migliaia di utenti Facebook e dei loro “amici” senza consenso.
Gli accordi, scrive il NYTimes, sono stati siglati nel corso dell’ultimo decennio, già da prima che fossero ampiamente diffuse le app di Facebook per smartphone. Con questi accordi Facebook ha potuto estendere la sua presenza sui dispositivi mobile e ha permesso ai produttori dei dispositivi di offrire ai clienti funzionalità sempre più richieste e usate del social network, come i messaggi, i pulsanti “Like” e le rubriche con i contatti. In cambio Facebook ha permesso ai vendor di accedere alle informazioni personali dei propri utenti e dei loro “amici”.
Non si tratta solo – ancora una volta – di opaca gestione della privacy da parte dell’azienda di Mark Zuckerberg; qui ci sarebbe anche la violazione del patteggiamento che Facebook aveva raggiunto nel 2011 con la Federal Trade Commission americana che, dopo aver puntato il dito sulle lacune nella protezione dei dati personali da parte della piattaforma, aveva ottenuto l’impegno a non condividere i dati in possesso di Facebook con terze parti. Gli accordi di data-sharing con Apple, Samsung e gli altri produttori di cellulari appaiono una palese infrazione: il NYTimes scrive che alcuni vendor potevano recuperare informazioni personali persino dagli amici degli utenti che avevano negato il consenso alla condivisione dei dati. La maggior parte delle partnership resta in vigore, anche se Facebook avrebbe iniziato a terminare alcuni dei contratti ad aprile.
“Il top management di Facebook ha indicato che il tipo di accesso ai dati personali che è stato sfruttato da Cambridge Analytica nel 2014 non era più possibile dal 2015, quando Facebook ha vietato agli sviluppatori di raccogliere informazioni sugli amici degli utenti”, si legge sul NYTimes. “Ma il top management non ha mai rivelato che Facebook aveva esentato i produttori di cellulari, tablet e altri dispositivi“.
In replica a quanto riportato dal quotidiano Usa, l’azienda di Menlo Park ha sostenuto che gli accordi di data-sharing hanno rispettato le sue policy sulla privacy e anche l’accordo con la Ftc. Le alleanze con i produttori di device imponevano severi limiti sull’uso dei dati, anche quelli conservati sui server dei partner. Per Facebook i vendor di cellulari erano solo delle “estensioni di Facebook” e non hanno niente a che vedere col tipo di relazione che esiste con gli sviluppatori di app. “A differenza degli sviluppatori che portano giochi e altri servizi agli utenti di Facebook, i nostri partner produttori di device possono usare i dati di Facebook solo per offrire versioni della Facebook experience”, ha indicato il vice presidente Aime Archibong. Facebook avrebbe dato ai costruttori di dispositivi mobili accesso ai dati dei suoi utenti solo portare il social network sui diversi smartphone esistenti, in un periodo in cui non esistevano ancora i negozi di app.
Il top manager di Facebook ha indicato che anni fa costruttori hanno “firmato accordi che impedivano l’uso delle informazioni” per scopi diversi da quello di offrire la Facebook app sui loro device e hanno sempre chiesto il consenso degli utenti. Archibong ha affermato che Facebook ha creato una serie di API che hanno consentito ai vendor di portare Facebook sugli smartphone e che “contrariamente alle affermazioni del New York Times, le informazioni degli amici, come le foto, erano accessibili sui dispositivi solo quando le persone decidevano di condividere le proprie informazioni con quegli amici. Non siamo a conoscenza di eventuali abusi da parte di queste aziende”.
Ma per il NYTimes le aziende degli smartphone potevano recuperare le informazioni più personali sugli utenti di Facebook, come la fede religiosa, l’orientamento politico, la presenza di relazioni sentimentali e gli eventi a cui avrebbero partecipato. Interpellati dal quotidiano, ex ingegneri del software di Facebook ed esperti di sicurezza si sono detti “sorpresi” dalla capacità dell’azienda di Mark Zuckerberg di aggirare qualunque restrizione sul data-sharing.